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Home » Mense scolastiche, genitori non ci stanno

Mense scolastiche, genitori non ci stanno

di Redattore
19 Luglio 2017
in Attualità, Dal territorio
Tempo di lettura: 2 minuti di lettura
Foto archivio

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In Parlamento si discute un disegno di legge sulle mense scolastiche che non piace alla Rete nazionale Commissari mensa, di cui fanno parte anche i genitori di Perugia e quelli del CoSec di Terni.

Un ddl nato male Il comitato dei genitori, che monitora la qualità delle mense scolastiche, in un comunicato ha espresso il «massimo disappunto e dissenso» per il nuovo testo del ddl 2037 in discussione in questi giorni presso la IX Commissione Agricoltura del Senato, in quanto «non introduce alcuno strumento di miglioramento del servizio, non tutela gli utenti finali, che sono i bambini», ma anzi, al contrario, secondo i componenti della Rete, «è esclusivamente finalizzato a cancellare, con un pericolosissimo colpo di spugna, la libertà di scelta dei genitori, trasformando il servizio di refezione scolastica da facoltativo (a domanda individuale) in obbligatorio».

LA SCHEDA DEL DDL SUL SITO DEL SENATO

Un favore alle aziende «Da un lato – continua il comunicato – la politica ha dato voce e prestato orecchio alle aziende private di ristorazione collettiva, dall’altro ha ignorato completamente le famiglie, quelle stesse che da anni, per vie diverse, stanno lottando da anni per ottenere un medesimo obiettivo: una mensa di qualità, economicamente sostenibile, direttamente controllata dagli utenti sia a monte sia a valle, un servizio di ristorazione che rispetti, comunque, la libertà di scelta».

IL DOCUMENTO DELLA RETE NAZIONALE COMMISSIONI MENSA E DEL COMITATO CARO MENSA TORINO

La finalità educativa del pasto Il ddl stabilisce che i servizi di ristorazione scolastica sono parte integrante delle attività formative ed educative erogate dalle istituzioni scolastiche, ma – secondo la Rete – «dimentica che deve essere il ‘tempo mensa’, e non il servizio a pagamento, l’attività formativa ed educativa da difendere e sviluppare. L’intento è chiarissimo: rendere obbligatorio un servizio a pagamento». C’è anche una questione costi, per i genitori. «Se a Torino si continueranno a pagare rette giornaliere massime di € 7,10 a pasto (con esborsi annui di 1.400 € a figlio, 2.400 per 2 figli e 3.600 per tre figli), a Perugia le famiglie continueranno a pagare € 2,50, a Milano pagheranno € 4, a Napoli € 4,50 e così via. Con buona pace della finalità educativa del pasto a scuola, soprattutto laddove non vengono fatti mangiare i bambini dei genitori morosi. E l’obbligatorietà del servizio non realizzerà uguaglianza, ma incrementerà le manifeste iniquità tra le famiglie di tutto il Paese, incentivando la morosità».

Adesione pubblica ad un servizio privato L’adesione obbligatoria ad un servizio privato ed oneroso, secondo i genitori, diventerebbe uno dei criterio secondo i quali le famiglie decideranno di scegliere il tempo pieno o il tempo parziale, provocando quindi, di fatto, una divisione fra utenti di serie A e di serie B: «Negare il diritto di scelta vuol dire privare le famiglie anche di un forte strumento di pressione e chiudere la partita, relegando l’utenza al ruolo di mero consumatore». Insomma, non è così che si affronta il problema: «Il fenomeno del pasto da casa deve progressivamente venir meno per scelta delle famiglie, che vedono migliorare la qualità del servizio, non per l’imposizione dello Stato».

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