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Home » «Sant’Antonio Abate, tante testimonianze di devozione e artistiche nel Ferentillese»

«Sant’Antonio Abate, tante testimonianze di devozione e artistiche nel Ferentillese»

Domenica 19 gennaio a Ferentillo si concludono i festeggiamenti che hanno interessato anche alcune frazioni

di Fabio Toni
11 Gennaio 2025
in Cultura
Tempo di lettura: 2 minuti di lettura
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Domenica 19 gennaio a Ferentillo (Terni) si concludono i festeggiamenti in onore del patrono degli animali Sant’Antonio Abate.

Il programma prevede le campane suonate all’alba dai campanari ferentillesi, la santa messa alle 10.30 nella collegiata di Matterella e, al termine, la benedizione degli animali sul sagrato. Alle 13 tradizionale pranzo conviviale presso Piermarini.

Ma andiamo ad approfondire il culto del santo e le tradizioni nel territorio ferentillese. «La fede e la devozione popolare verso Sant’Antonio Abate – osserva Carlo Favetti, storico locale – hanno sempre contraddistinto le genti della Valnerina e non solo. Sant’Antonio Abate, grande eremita, fece della sua vita un mezzo efficace per avvicinare gli uomini con umiltà al vangelo. Un uomo che, analizzando la biografia, può essere definito un taumaturgo non solo spirituale. Profonda la sua umanità, protesa sia verso gli umani che agli animali: il patrono degli animali domestici, appunto il dottore della chiesa, è raffigurato in ogni dove, soprattutto nei piccoli centri dove la cultura contadina è più forte e vigorosa».

«Ferentillo – prosegue Favetti – annovera una tradizione secolare verso il santo, tanto che due frazioni, Monterivoso e Macenano, lo hanno scelto come titolare della propria comunità parrocchiale. Ma il culto è praticato in tutto il vasto territorio e questo è testimoniato dalle tante raffigurazioni espresse sulle pareti degli edifici religiosi, edicole, cappelle rupestri e nicchie votive».

Lo storico fa un escursus: «Presso la chiesa di Sant’Antonio Abate a Macenano, c’è una tela del XVII secolo, un affresco del XV secolo nel presbiterio della chiesa di Sant’Antonio Abate a Monterivoso, la statua processionale e un frammento di affresco presso la chiesa di San Mamiliano, un dipinto del XVII secolo presso la chiesa di Castellone, un frammento di affresco del XV secolo presso la chiesa di Santo Stefano a Precetto, un affresco del XVI secolo presso la chiesa di San Vincenzo Martire a Gabbio, un affresco della scuola dello Spagna del XVI secolo presso la chiesa di San Michele Arcangelo a Nicciano. Ma il più bello, il più caratteristico e il più completo con le storie e miracoli, è senza dubbio l’affresco che lo riproduce presso la collegiata di Santa Maria a Matterella. Il dipinto, restaurato di recente, occupa tutta la superficie del nicchione della navata di sinistra ed è opera del pittore siciliano Giacomo Santoro da Giuliana, detto Jacopo Siculo, che lo realizzò nel 1543 insieme all’altro affresco nella stessa navata del nicchione dedicato a Santa Caterina d’Alessandria. Il primo riferimento al maestro siciliano – conclude Favetti – sulla effettuazione di questa opera a Santa Maria di Matterella, si deve al Cavalcaselle e al Crowe. Mentre il Guardabassi lo attribuisce addirittura a Giovanni di Pietro detto lo Spagna, ingannato forse dall’aspetto spagnesco arcaicizzante del santo che, per la sua iconicità, risulta più vicino al Sant’Antonio Abate del palazzo comunale di Amelia, ricondotto al maestro dell’Annunciazione Gardner come ha affermato Federico Zeri».

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