di Francesca Torricelli
Una madre sola, una figlia giovanissima e malata, un sistema che, tra burocrazia, cavilli e silenzi, sembra aver abbandonato entrambe. È una storia dura quella che arriva da Terni, fatta di disagio psichico, violenze, dipendenze e un drammatico senso di impotenza. A sfogarsi con i giornalisti martedì mattina, a margine della conferenza stampa dei sindacati sull’emergenza abitativa, è una donna che non ha più strumenti per proteggere chi ama: «Non riesco più a dormire. Vivo nel terrore di ricevere una telefonata che non voglio sentire mai».
Diagnosi psichiatriche e dipendenza: un mix esplosivo senza rete di protezione. La figlia, 21 anni, è affetta da problemi gravi: disturbo bipolare di tipo 1, borderline di personalità e disconnessione dalla realtà. Non accetta terapie, consuma sostanze stupefacenti e ha vissuto una relazione violenta che l’ha segnata nel corpo e nella mente. «Il suo ex – racconta la madre – l’ha maltrattata ripetutamente, è finito in carcere per vari reati, ma anche lei ha sviluppato comportamenti aggressivi: mi ha colpita più volte».
La ragazza ha subito procedimenti penali per reati compiuti insieme all’ex compagno, ma la giustizia le ha riconosciuto l’incapacità di intendere e volere. Dopo un breve periodo in carcere, è stata trasferita in una struttura terapeutica. Ma da lì è fuggita. «L’abbiamo denunciato immediatamente, ma non c’è stata alcuna risposta da parte del giudice. Nessun nuovo provvedimento. Non può tornare in carcere, ma nemmeno restare libera così, senza controlli».
La madre racconta che la ragazza torna di tanto in tanto a casa, con segni evidenti di violenza: «Lividi, ferite, tagli. Temo che si faccia del male da sola o che venga sfruttata, forse persino costretta a prostituirsi. Ma quando ho tentato di denunciare le violenze subite da lei, mi hanno risposto che deve farlo personalmente. Ma come può, se è considerata incapace?».
La situazione si aggrava ulteriormente sul piano sociale ed economico. La donna, vedova e madre anche di una bambina di 7 anni, non ha accesso né all’emergenza abitativa né alle case popolari: «Il mio certificato del SerD non è stato ritenuto sufficiente per l’emergenza. E sono stata esclusa dal bando per una vecchia condanna di oltre vent’anni fa, per la quale sono stata riabilitata. Vivo con due figlie, senza reddito, senza tutele, senza nessuno».
La sola opzione possibile per la ragazza sarebbe l’inserimento in una Rems, una struttura sanitaria residenziale per chi ha compiuto reati in condizioni di infermità mentale. Ma le liste d’attesa sono lunghissime, «troppo lunghe per chi, come lei, vive ogni giorno in bilico». La voce della madre è quella di chi non ha più nulla da perdere: «Sono stanca, impaurita e arrabbiata. Non so più cosa fare, non posso salvarla da sola. Ma se le succede qualcosa, sappiate che non resterò in silenzio».