di F.T.
Aveva la Tbc e non lo sapeva, così ha finito per contagiare il marito, i due figli di appena 5 e 4 anni di età , un parente, due amici di famiglia e un loro figlio di 6 anni. Sette persone in tutto, per una situazione ai limiti dell’inverosimile, conseguenza – secondo le vittime – di una diagnosi a dir poco tardiva e per questo seguita da cure inadeguate.
Vittime Al centro della vicenda, una mamma 27enne di origini rumene, ‘untrice’ suo malgrado. Solo dopo parecchi mesi di tosse, febbre e malessere, ha scoperto di essere affetta da tubercolosi polmonare bacillifera. Prima la paura, poi il dramma nello scoprire che era stata lei stessa a contagiare tutta la sua famiglia, e non solo.
Visite inutili Nel marzo del 2013 la donna, affetta da una tosse persistente accompagnata da febbre, si era fatta visitare dal medico curante che le aveva prescritto una terapia antibiotica. Di fronte all’assenza di miglioramenti, la donna era tornata dal medico e dal suo sostituto per vederci più chiaro. Risultato: altri antibiotici associati ad antistaminici, rivelatisi inutili visto poi quello che sarebbe stato accertato.
Nessun approfondimento Sfiancata dalla tosse e dal malessere, il 30 ottobre la giovane mamma, dietro prescrizione medica, effettuava una radiografia al torace che evidenziava una probabile tubercolosi in atto. Un riscontro che, secondo il legale, sarebbe stato ancora una volta sottovalutato dai medici di base che non avrebbero prescritto ulteriori indagini né terapie appropriate.
La scoperta Di fronte all’aggravarsi delle condizioni, a dicembre decideva di andare direttamente in ospedale, prima a Narni e poi a Terni, ed è lì che veniva accertata la Tbc in uno stadio molto avanzato, con conseguente trattamento in isolamento. Un ricovero-lampo di tre giorni, che è finito fra i vari aspetti contestati dal legale che la assiste, l’avvocato Fabio Lancia del foro di Terni.
Conseguenze Oggi la donna sta meglio – anche se dopo il lungo ricovero in un centro specializzato del nord Italia era arrivata a perdere dieci chili – e, al pari dei contagiati, viene tenuta sotto controllo per evitare che la malattia possa manifestarsi di nuovo. Fortunatamente nessuno di loro, a partire dai tre bimbi, ha più accusato problemi. Anche se il timore resta e fa il paio con i disagi, i soldi spesi per le cure a fronte di una situazione di cui tutti gli involontari protagonisti avrebbero fatto volentieri a meno.
Messa in mora Per questi motivi l’avvocato che assiste a donna ha inviato alla Usl Umbria 2 una lettera di messa in mora, preludio a una richiesta di risarcimento danni che si preannuncia consistente.