Area crisi complessa, non basta il certificato

Terni, c’è bisogno che ci si muova, che si solleciti, si studi, si progetti, si rischi – Il corsivo di Walter Patalocco

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di Walter Patalocco

Area di crisi complessa. Le difficoltà del sud dell’Umbria e in particolare del ternano sono ‘certificate’ con tale provvedimento che discende dal Governo. Un certificato che per ora è solo un titolo in cima ad un foglio bianco. Perché si possano scrivere almeno alcune righe è essenziale che ci sia chi propone. Insomma c’è bisogno che ci si muova, che si solleciti, si studi, si progetti, si rischi.

C’è, in aggiunta, la questione del predissesto finanziario del Comune.

Area di crisi complessa e predissesto: concetti, formule che non agevolano la percezione esatta della gravità della situazione ternana. Altri sono i temi discussi perché alla fine è più facile riempirsi la bocca con anatemi contro gli immigrati, rivendicando il diritto a tenere una pistola sul comodino, scagliandosi contro il servizio di raccolta rifiuti, contro l’amministrazione comunale (che… ‘finalmente li hanno acciuffati’).

L’INCHIESTA IN COMUNE

Non fa parte del comune sentire, invece, che è arrivato il momento di soffiarci? Di costruire? Ci basta davvero solo individuare i ‘colpevoli’ e gioire tafazzianamente? Unirsi per un obiettivo, per una ulteriore ‘ricostruzione’, organizzarsi per reagire, per non continuare a fare da incudine contro difficoltà che vengono sempre per colpa di qualcun altro.

Le vicende di questi giorni preoccupanti, da qualunque lato le si guardi, nate da un intervento della magistratura, cui spetta – appunto – solo la fase giudiziaria, sottolineano la necessità di capire e far tesoro degli errori. Per crescere. Senza tentennamenti, indecisioni, timidezze, difese ad oltranza di orticelli o poltrone. Si decida che si vuol fare di una città intera. Rompere il vaso? Invocare il commissariamento del Comune e nuove elezioni? Va tutto bene così? Aggiustare quel che c’è a aggiustare?

Qualcuno batta un colpo, a cominciare dalle forze politiche, e primo fra tutte il Pd la forza che è (o era?) maggioranza. Un Pd che volesse riaffermare la propria leadership è chiamato ad interrogarsi se conviene arroccarsi, chiudersi nel fortino, non cambiare organigrammi, equilibri e linee. Ma che si faccia una scelta. Da parte del Pd, delle forze politiche e delle altre componenti sociali ed economiche. Una scelta, magari che in futuro risulterà sbagliata, ma che rappresenterebbe comunque un passo avanti rispetto all’apatia.

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