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Home » «Battersi per un’idea nuova di Umbria. In cui Terni ‘pesi’ con le sue grandi specificità»

«Battersi per un’idea nuova di Umbria. In cui Terni ‘pesi’ con le sue grandi specificità»

di Fabio Toni
29 Luglio 2024
in Economia, Opinioni, Politica
Tempo di lettura: 8 minuti di lettura
Condividi su FacebookCondividi su X (Twitter)Invia su Whatsapp

di Alberto Pileri
Già assessore ai lavori pubblici del Comune di Terni

Il fresco rapporto dell’Agenzia Umbria Ricerche (Aur), ‘Terni, una città in trasformazione’, offre elementi per una riflessione sulla città di Terni, sulla sua funzione, peso e ruolo nella vita della nostra regione. E nel contempo lo spunto per aprire una finestra sull’Umbria, sulle sue condizioni presenti e sulle prospettive della nostra realtà regionale. Su quale idea di Umbria vogliano ragionare, di quale forma di regione abbiamo bisogno e vogliamo per i prossimi anni a venire. Per cui vale la pena battersi ed impegnarsi.

Terni, una città in trasformazione – Documento Aur

Nella sua introduzione al rapporto, scrive il professor Alessandro Campi, «Perugia e Terni sono, al netto dell’antica e un po’ folcloristica rivalità che le divide, le due uniche realtà urbane dell’Umbria, fra di loro molto diverse, per ragioni storiche, ma al tempo stesso per molti versi complementari». Ed ancora , «le strutture urbane sono quelle in cui si attivano le dinamiche di innovazione, senza le quali nessun territorio può crescere e svilupparsi. Terni è molto cambiata ma resta, come risulta da questo dossier, una realtà dinamica e segnata da indubbie specificità, dalle quali partire per immaginare quale possa essere il suo particolare contributo allo sviluppo futuro dell’Umbria».

Sono trascorsi 97 anni dalla ripartizione amministrativa dell’Umbria nelle due province di Perugia e Terni, 54 anni dalla istituzione della Regione e 23 anni dalla modifica del Titolo V della Costituzione. Una riflessione ed un ragionamento sull’architettura istituzionale ed amministrativa della nostra regione è quanto mai necessario ed urgente. Per le seguenti ragioni:

  • per i profondi cambiamenti intervenuti negli ultimi decenni nella struttura e nel tessuto economico, sociale, produttivo, della composizione del reddito, del gettito fiscale, nella dinamica e composizione demografica. Trasformazioni che hanno anche portato ad un arretramento vistoso delle condizioni di vita della popolazione, dei territori e delle nostre città. E di perdita di ruolo, funzioni e riferimento nel sistema delle regioni e nelle relazioni con quelle dell’Italia centrale. Che rischiano di aggravarsi nel caso in cui venga approvata in via definitiva la legge sull’autonomia differenziata. I dati numerici e quantitativi sono impressionanti: dal 2000 al 2023 il Pil registra un -35%, redditi fermi, calo della popolazione residente più marcata rispetto a regioni limitrofe e associato ad alti tassi di invecchiamento. Una perdita secca di ricchezza che ha finito per posizionare la nostra Umbria non più fra le regioni sopra la media nazionale del Pil ma molto al di sotto, facendola scivolare fra le cosiddette aree interne ed arretrate del nostro Paese. Bassa produttività dei fattori del lavoro, insufficienti investimenti e produzioni di beni e servizi a maggiore valore aggiunto, emigrazione delle forze giovanili. Dati che certificano le condizioni di un’Umbria impoverita, indebolita, che arranca per tenersi a galla.
  • L’affievolimento e la perdita del senso di appartenenza, del legame unitario fra gli umbri, le città ed i territori. Che si rappresenta nei termini di ‘rumore di sottofondo’, quando non esplicito, per una regione a velocità variabile, che lamenta una distribuzione diseguale delle risorse, degli investimenti, dei servizi, delle opportunità. Con la centralizzazione e concentrazione dei punti di comando, delle scelte e delle decisioni, lo spirito regionalistico sembra esaurito ed eclissato. Questa percezione, fondata o non fondata, vera o falsa, pretestuosa o meno, è diventata nel corso degli anni via via sempre più diffusa, alimentando il fuoco dei campanilismi e municipalismi, delle spinte centrifughe. Un magma cresciuto con forme ed espressioni patologiche e volgari – da rissa da stadio – che si alimenta della crisi sociale e delle difficoltà di accesso ai servizi, a partire da quelli sanitari, della mobilità, della conoscenza, della ricerca e del sapere. E della crescente distanza fra le forme e dimensione della politica ed i cittadini elettori.Con questi stati d’animo occorre fare i conti. Con le emozioni, con gli umori ed i malumori, agitati, alterati anche da un sistema di informazione e comunicazione sempre al limite, non si scherza. Non vanno sottovalutate, tanto meno oggi nell’era di Internet, della Rete che prende facilmente fuoco. Come uscire dalla crisi strutturale, come fermare la caduta ed invertire il declino, come ripensare l’assetto della nostra regione: sono due facce della stessa medaglia, due corni che vanno tenuti insieme. Due domande cui è necessario provare a dare qualche risposta. In che modo, con quali strumenti. Provando a lavorare:
  • ad un grande piano di crescita e sviluppo sostenibile, di respiro, che guardi alla prospettiva, in grado di riconnettere la nostra regione e le nostre città alle reti della produzione del valore a più alto contenuto di conoscenza, sapere ed innovazione, e di metterla in relazione virtuosa e feconda con le regioni del centro Italia, con il Paese e con l’Unione Europea;
  • una nuova idea dell’Umbria, per ripensare la nostra regione al suo interno e fuori di sé nel confronto e rapporto con le regioni del centro Italia, con il Paese e l’Europa, per ritagliarsi un ruolo, una funzione ed una missione. Una nuova idea dell’Umbria, quindi, per ritrovare una connessione sentimentale ed una nuova unità regionalista, un filo conduttore cui legarsi, ritrovarsi per camminare insieme. Un’Umbria inclusiva. Senza gerarchie verticali, in modalità di cooperazione orizzontale virtuosa, in cui tutti possano lavorare e sentirsi protagonisti. E dare il proprio contributo. Dalla ‘città-regione’ – idea e concezione che ha caratterizzato fin dalla nascita l’Umbria per tutti i decenni di crescita e sviluppo, almeno fino agli anni ’90 – occorre approdare e passare ad una concezione dell’Umbria ‘regione di città e territori’. Non è un gioco di parole, è l’espressione di un nuovo paradigma per ritrovare la ragion d’essere dell’unità regionale.Allora diventa inevitabile e necessario:
  • ripensare anche il ruolo della stessa istituzione regionale, gli assetti istituzionali ed amministrativi;
  • rafforzare il ruolo legislativo e di programmazione generale dell’istituzione-Regione, per la pianificazione e programmazione delle politiche ambientali e climatiche, energetiche, industriali, territoriali, sanitarie, sociali, turistiche, culturali, per le infrastrutture materiali ed immateriali, per la ricerca e l’innovazione. Lasciando ai Comuni e alle Province la gestione dei progetti;
  • favorire accordi di programma, cooperazione, collaborazione e convergenza fra i Comuni, le Province ed i soggetti che operano dentro i sistemi territoriali del lavoro definiti dall’Istat (STL) per politiche di area territoriale vasta;
  • riordinare e riequilibrare le Province, superando asimmetrie e sbilanciamenti anacronistici;
  • lasciare libere le città, i Comuni ed i territori di costruire rapporti con le aree e città extra-regionali.

In altre parole, avviare e promuovere un processo costituente delle basi materiali ed immateriali della nostra regione, in grado di attivare e mettere in movimento tutte le energie, le competenze, le professionalità e le passioni civili, capace di attrarre energie e forze esterne. Un grande movimento di partecipazione alla costruzione del futuro.

Il Pnrr è stata una grande opportunità, solo in minima parte colta dall’Umbria per rilanciarsi, per il rilancio dell’infrastruttura produttiva, per immettere quote di innovazione e ricerca, per progetti strategici verso la transizione ambientale, energetica e digitale, per la mobilità. Ed anche per fare alcune riforme endo regionali necessarie. E per grandi progetti di valenza strategica nazionale in grado di rimettere l’Umbria al centro dell’Italia.

Alcuni esempi: la mancanza di finanziamenti per i progetti esecutivi per il potenziamento della ferrovia Orte-Falconara, a partire dal raddoppio della tratta Terni-Spoleto. E per quello che riguarda il territorio della Provincia di Terni, ma che ha una valenza per tutta la regione ed oltre, i tempi biblici per l’Accordo di Programma con Arvedi-AST per il rilancio delle acciaierie di Terni, per immettere e sperimentare le migliori tecnologie in grado di affrontare le questioni energetiche ed ambientali del sito produttivo e della conca ternana. E poi ancora, le infrastrutture produttive per l’idrogeno, l’hub regionale e la chimica verde, senza che siano stati attivati tavoli con Eni, che ha rilevato Novamont, e Snam che deve realizzare la grande dorsale del metanodotto fra Sulmona e Foligno e che ha rilevato in Umbria impianti di trattamento di rifiuti organici. Senza dimenticare l’asset strategico per l’Umbria rappresentato dai grandi impianti di concessione per la produzione dell’energia idroelettrica del nucleo Nera-Velino di Papigno-Terni. Impianti di rilevanza nazionale per la rete delle connessioni ambientali e territoriali fra le province di Terni, Perugia, Rieti, Macerata, le regioni Umbria, Marche e Lazio, e per le connessioni con il sistema elettrico nazionale. E le stazioni e linee elettriche di Villa Valle, sempre a Papigno, che consente a Terni e alla’Umbria di essere collegate alle ‘autostrade elettriche’. Dopo le liberalizzazioni e privatizzazioni avviate nel settore elettrico verso la fine degli anni ‘90, che portarono alla creazione di nuovi players produttori di energia, alla costituzione di Terna, Gse etc., gli impianti del nucleo idroelettrico Nera-Velino, passati di mano a diversi gestori nazionali e multinazionali, hanno visto il ritorno di Enel, Enel GreePower.

E che dire del fatto che l’unico sito di bonifica di interesse nazionale esistente in Umbria, proprio quello dell’ex stabilimento elettrochimico di Papigno, sia stato inserito nel Pnrr per una destinazione strampalata e immaginifica denominata ‘CinePorto’. E pensare che anche con l’apporto ed il coinvolgimento di Enel, Terna, Acea, delle fondazioni bancarie, si potrebbe finalmente realizzare proprio a Papigno, a valle della Cascata delle Marmore, il progetto del parc-museo dell’energia, dell’industria e del lavoro, facendone nel contempo un centro per l’innovazione ed imprese start-up (a Terni, per inciso, c’è la presenza più rilevante di tutta l’Umbria dell’unico incubatore di start-up) nonchè una delle basi logistiche per servizi turistici e culturali. Una specificità, per richiamare la nota del professor Campi, dell’intera area territoriale di Terni e Narni.

Ma Narni, Terni e la sua provincia sono anche sedi, da oltre 30 anni , di alcuni corsi di Llaurea dell’università di Perugia. Solo che tarda ancora a prendere corpo l’impegno del rettore e del Senato accademico, di istituire a Terni e per Terni un Dipartimento interfacoltà. Strumento indispensabile per potenziare e rafforzare la presenza universitaria a Terni. Che ha bisogno di investimenti e di servizi. Ed anche su questo il Pnrr non ha centrato l’obiettivo per questa parte dell’Umbria.

Ancora a Terni, l’Istituto di alta formazione musicale ‘Briccialdi’, da tre anni statalizzato, rappresenta un punto di qualità e di eccellenza per l’alta formazione musicale di livello extra-regionale. Cosi come di alta qualità è la biblioteca comunale di Terni, che da alcuni anni è diventata riferimento anche per la manifestazione Umbria Libri cui devono essere assegnate, a partire dall’amministrazione comunale, le risorse necessarie per mantenere adeguati livelli di servizi all’utenza.

Per non parlare poi del ruolo essenziale, svolto nell’economia dei servizi sanitari regionali, dall’azienda ospedaliera di Terni. Cui deve essere garantita e mantenuta l’autonomia e date le risorse necessarie per crescere in termini di alte prestazioni di qualità e specialità. E assunti indirizzi chiari, sia per quanto riguarda il finanziamento che la localizzazione, nella programmazione sanitaria regionale, per il progetto del nuovo ospedale di Terni. Avendo consapevolezza che si tratta di scelte importanti, la cui realizzazione richiede tempi medio lunghi ed un dibattito pubblico trasparente. Così come devono essere rafforzarti i presidi e i servizi di medicina territoriale di base sull’intera area provinciale, a partire dal servizio di guardia medica per le aree interne dei piccoli comuni, realizzato il nuovo ospedale unico Amelia-Narni e potenziato quello di Orvieto con servizi aggiuntivi per interventi di emergenza.

Sono alcuni macroesempi delle ‘specificità’ del ternano e della città di Terni, cui se ne possono richiamare anche altri. Come la rete dei servizi di pubblica utilità, le aziende che gestiscono alcuni servizi essenziali – acqua, gas, energia elettrica , ambiente -, le performance per quanto riguarda il livello della raccolta differenziata dei rifiuti, l’efficienza della rete elettrica, la diffusione capillare della rete del gas. Fino alla più moderna delle infrastrutture immateriali, la Bul (Banda ultra larga).

E poi, come non richiamare e fare leva sulla bellezza del paesaggio territoriale e delle le città della provincia di Terni, che costituiscono un incommensurabile giacimento di beni ambientali, architettonici, culturali e storici di assoluta rilevanza. Un patrimonio ed una risorsa di inestimabile valore per la nostra regione e per ‘l’Italia europea’, per il concentrato di storia, bellezza, fascino, memoria, evocazione. Tutti e 33 comuni – da Orvieto a Terni, Narni, da Amelia a San Gemini e poi Acquasparta, Montecastrilli, Stroncone, fino alla Valnerina Ternana – sono gioielli incastonati nella cornice di un ambiente che, pur presentando i tratti e le impronte forti dell’industrializzazione, è stato conservato, mantenuto e valorizzato in modo equilibrato. La rete dei centri storici, dei borghi, dei laghi, dei corsi fluviali, l’orografica delle colline e dei rilievi montuosi, il reticolato di quell’insieme di forme e pennellate che chiamiamo ‘paesaggio’, sono un unicum. Ed ancora, la rete dell’associazionismo, del volontariato, del terzo settore e delle imprese sociali, molto diffusa e articolata in tutte le pieghe della nostra società urbana.

A questa nuova iIdea dell’Umbria, per aprire un ciclo di crescita e nuova prosperità sociale e territoriale, un contributo importante sono chiamate a darlo la Fondazione Cassa di Risparmio di Terni e Narni e la Fondazione Cassa di Risparmio di Orvieto: non solo in termini di distribuzione delle risorse, che andrebbero concentrate su progetti-pilota per la transizione epocale che stiamo attraversando, ma di partecipazione attiva alla elaborazione delle strategie e alla progettazione. Tutto ciò con la consapevolezza della partita che si gioca, dell’importanza della sfida, coscienti di essere una civitas che vuole contare ed avere un ruolo ed un peso adeguato in Umbria, senza che le ‘anomalie del momento’ che la città sta attraversando, possano rappresentare un ostacolo e un pretesto per la tentazione di un ridimensionamento di Terni e di tutto il suo territorio.

Terni, una città in trasformazione – Documento Aur

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