L’acqua del fiume Teverone-Timia nel territorio del comune di Bevagna viene utilizzata per irrigare i campi, nonostante sia talmente insalubre da far morire i pesci.

Gli attingimenti «Dopo il primo episodio di fine luglio – dice il sindaco Annarita Falsacappa – abbiamo allertato Asl e Arpa per avere informazioni e direttive sul da farsi, anche relativamente agli attingimenti, senza però ricevere risposta»: per questo motivo, come umbriaOn ha potuto verificare, molti dei campi del territorio di Bevagna continuano ad essere irrigati con quest’acqua.

Gli attingimenti «In poco più di un anno – sottolinea il sindaco, respingendo le accuse di immobilismo dopo l’ennesima morìa di pesci sul Teverone Timia – l’attuale amministrazione ha preso atto della situazione, ha avuto confronti costanti con i cittadini, colloqui con gli organi preposti al controllo, informazioni necessarie da parte della Regione, nella convinzione che la protesta non può essere fine a se stessa ma che deve essere canalizzata verso la risoluzione del problema».
Un parco fluviale Obiettivo dell’amministrazione è la costituzione di un parco fluviale «per una riqualificazione di tutta la zona percorsa dai fiumi, presupponendo una strategia di monitoraggio più puntuale con l’aiuto dell’Arpa e un intervento di pulizia peraltro urgente delle ripe e del letto dei fiumi, per ripulirli dai sedimenti e fanghi velenosi. L’accordo con la Regione consentirà la realizzazione di un piano di più ampio respiro, che permetterà ai nostri fiumi di riprendere quel colore che i cittadini si aspettano ormai da tempo e che è indice della buona salute del Clitunno, del Teverone e del Timia».
L’esposto Nel frattempo, dice ancora il sindaco, «auspico che l’esposto fatto dal Comune alla Procura di Spoleto dia i suoi esiti per capire se e quanto realmente si possa parlare di inquinamento e trovare tutte le cause che ad oggi continuano a creare i disagi denunciati». Intanto – in accordo con l’Arpa e con il Comitato per la difesa delle acque di Bevagna – il sindaco ha richiesto l’installazione di altre due centraline, e una terza al confine con il territorio di Foligno, per capire il punto esatto in cui il fiume diventa inquinato.