Comune di Terni: «Fatti, non…melina»

Ciò che scoraggia è che dopo un anno e mezzo ci sia bisogno dello scossone, che si sia costretti a decidere di «fare qualcosa». Il corsivo di Walter Patalocco

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di Walter Patalocco

Se una rondine non fa primavera basterà qualche nome nuovo in giunta a fare un’amministrazione comunale più ‘frizzante’? Se invece che Tizio l’assessore si chiama Sempronio cambierebbe qualcosa? Basta sostituire un terzino per vincere una partita compromessa o c’è pure la necessità di variare la tattica, la strategia di gioco?

Nella faccenda che vede la maggioranza che governa Terni chiamata al confronto per un eventuale cambiamento della formazione di giunta, si intravede il comportamento di certi presidenti del calcio, che cacciano via l’allenatore e spiegano: «Ho voluto dare uno scossone alla squadra». E argomentano che si cambia l’allenatore perché «mica posso mandare via tutti i giocatori!». Nel caso di un’amministrazione cittadina il discorso cambia radicalmente: l’allenatore, cioè il sindaco, è stato eletto dai cittadini, mentre gli assessori sono stati nominati da lui. I rapporti e l’investitura hanno in partenza valore differente, anche se, ovviamente, niente è indolore per chiunque.

Ciò che scoraggia è che dopo un anno e mezzo ci sia bisogno dello scossone, che si sia costretti a decidere di «fare qualcosa». E, non sapendo bene che cosa, si prova a schierare in campo qualche riserva, non considerando il problema più grande: c’è un meccanismo che sta ingoiando il campionato. Una specie di Moloch cui è il momento di ribellarsi utilizzando una nuova mentalità che nasce, prima di tutto, dalla presa di coscienza da parte della squadra nella sua interezza e dalla consapevolezza che se si sta in campo la partita bisogna giocarla.

Non basta cincischiare nel cerchio del centrocampo con passaggetti laterali e qualche colpo di tacco tanto per far contenta la platea. Si chiami Tizio, Caio o Sempronio chi è chiamato a decidere ed operare per la collettività lo faccia nella convinzione del proprio ruolo e ricordando sempre che il dovere da rispettare è scegliere, affrontare le situazioni con dinamismo, perspicacia, un pizzico di fantasia e tanto coraggio. Anche rischiando, quindi, e comunque evitando la trappola del provare a non scontentare nessuno. Così, muovendosi il meno possibile, adottando provvedimenti blandi i quali, più che dal buonismo, sembrano dettati dal ‘trevoltebuonismo’, si giunge ad una specie di sopore che alla fine scontenta tutti.

Non mancano, va considerato, le difficoltà oggettive per un’azione del genere. Uno di questi è rappresentato dalla struttura ‘logistica’. Il coacervo burocratico impastoia la macchina comunale, ma anche qui ci sarebbe bisogno di scossoni energici, di svegliarini decisi che trovano, però, barriera in un muro fatto di garanzie che sono, sì, legittime e sacrosante ma che utilizzate in un certo modo a volte diventano un ostacolo insormontabile.

Come distinguere, ad esempio, un dirigente preparato e volenteroso da uno incompetente e ‘tiraccampare’? Come evitare certi rallentamenti, certe disfunzioni, certe attribuzioni esagerate di poteri? Trasferimenti di settore o confinamenti ‘antidanno’ in ufficetti in fondo al corridoio, causerebbero l’immediato ricorso alle carte bollate a causa di un presunto demansionamento.

La baracca, insomma, va avanti tra insipienze di politici e di burocrati, tra difficoltà oggettive per gli uni e per gli altri costituite dall’abbondanza di norme, regolamenti, circolari e dalla scarsità estrema di mezzi finanziari. Se poi, a tutto questo, si aggiungessero interventi e pretese di ‘manovratori’ politici esterni all’istituzione, ci si troverebbe davanti ad un quadro a tinte non sbiadite, ma fosche e cupe. Non c’è da stare allegri, ma se son rose…

Per il momento ci si confronta, a palazzo Spada; poi si vedrà. Sarebbe già un’importante novità se si cominciasse a seguire l’invito che Palmiro Cangini, il sindaco di Roncofritto, rivolge spesso dal palcoscenico di Zelig.

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