Coronavirus, tanti i riflessi psicologici

Intervista a Maurizio Bechi Gabrielli: «Razionalizzare la paura. Assalti ai negozi hanno effetto a catena. Dare l’esempio ai giovani»

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di F.T.

L’emergenza coronavirus ha forti implicazioni psicologiche, è sotto gli occhi di tutti. Di questo abbiamo parlato con Maurizio Bechi Gabrielli, già dirigente psicologo della Usl Umbria 2, addetto ai lavori a cui non sfuggono l’eccezionalità della situazione e i suoi riflessi sulle persone, ora chiamate ad attuare comportamenti ancor più stringenti per limitare la diffusione della patologia.

EMERGENZA CORONAVIRUS – UMBRIAON

Razionalizzare

«Questa angoscia, per certi aspetti primordiale, è naturale quando si ha che fare con qualcosa di ‘sconosciuto’ e imprevedibile. Vale per il coronavirus ed anche per fenomeni come il terremoto. Si attiva un’angoscia ancestrale che spesso terrorizza l’essere umano e lo porta a mettere in atto comportamenti che sono espressione di puro panico. Nel caso del virus, ad oggi, panico ingiustificato. Si tende a perdere il controllo mentre ciascuno dovrebbe cercare di elaborare mentalmente questo terrore, trasformandolo in preoccupazione. Il meccanismo dovrebbe essere quello di comprendere che la situazione è grave, complicata, cercando però di adottare le misure indicate dagli esperti, pur mantenendo tutti gli aspetti della vita sociale che abbiamo e che sono il nostro patrimonio, in linea con le regole che in questa fase siamo tutti chiamati a rispettare».

Gli ‘assalti’ ai supermercati

Un fenomeno di carattere psicologico è certamente quello legato agli ‘assalti’ ai supermercati subito dopo la stretta decisa dal governo che ha esteso le misure straordinarie a tutta l’Italia: «La percezione di base è che se mi dicono di restare a casa, poi finisco per temere che prima o poi mi ci chiuderanno. Accaparrarsi i beni in vendita produce un effetto a catena: ad esempio una mia collega, che non è abituata a fare spese consistenti, è andata a cercare un detersivo e non lo ha più trovato. La sua riflessione è stata ‘beh, allora la prossima volta ne compro cinque o sei flaconi’. Si attiva questo percorso mentale sempre sulla base di possibili scenari apocalittici, fermo restando che a molti quel carrello pieno portato a casa, infonde una tranquillità di cui oggi si sente bisogno. Pur non essendoci, magari, alcuna necessità reale».

Il Covid-19 e i giovani

Se il decreto è stato esteso ovunque, è anche perché i cittadini non sempre hanno compreso la natura dei consigli e quindi dei provvedimenti già attuati altrove. Sottovalutando il problema o forse facendo affidamento sulla propria capacità – tipica del popolo italico – di ‘cavarsela’. Ciò vale anche per i giovani che, con le scuole chiuse, in molti casi non hanno evitato di ritrovarsi insieme. Per una birra, per i ‘cento giorni all’esame’, per socializzare. «Intanto – osserva Bechi Gabrielli – il contesto familiare deve adottare comportamenti coerenti con ciò che poi si chiede ai ragazzi, dare cioè l’esempio. Altrimenti è tutto inutile. Poi in questi casi si deve fare un po’ i conti con ‘l’onnipotenza’ del giovane, spesso portato a pensare che a lui non accadrà mai nulla, che può assumersi rischi invece eccessivi. I giovani per loro natura sono sempre portati a testarsi, a spostare un po’ più avanti quell’asticella che ci viene posta di fronte sin da piccoli. Si è naturalmente portati a rischiare ad una certa età, ma l’eccessiva sottovalutazione porta con sé dei problemi. Si deve capire l’eccezionalità della fase, con il sostegno delle famiglie ed anche di chi, ad esempio, è chiamato ad organizzare le cose diversamente, come alcuni locali pubblici a cui spetta il compito di far rispettare misure di sicurezza e livelli di igiene».

Il post-virus

Prima poi l’emergenza cesserà, ed è facile immaginare un ‘rimbalzo’ – si spera economico ma pure sociale e psicologico – tipico di certi scenari ‘post bellici’. Quando la voglia di tornare ad una vita normale ha dato slancio all’intera società. «Sì, credo che quando tutto ciò sarà terminato, avremo l’idea di essere usciti da un grosso problema, da un momento di particolare difficoltà. Questo spero possa tradursi in una nuova vitalità economica ma anche sociale, perché sarà come tornare a rivedere il sole dopo mesi di brutto tempo. Speriamo emerga di nuovo la voglia di uscire, di stare insieme, di incontrarsi. In questa fase di misure straordinarie, è facile prevedere che i contatti ‘tecnologici’ e via social incrementeranno ancora specie fra i ragazzi. Ma l’uomo ha bisogno di incontrarsi e condividere, è nella sua stessa natura».

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