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Home » Discariche: «Chi urla ‘emergenza’ la vuole»

Discariche: «Chi urla ‘emergenza’ la vuole»

di Marco Torricelli
7 Novembre 2017
in Attualità, Economia, Opinioni, Politica
Tempo di lettura: 3 minuti di lettura
La discarica di Pietramelina

La discarica di Pietramelina

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del Comitato No Inceneritori di Terni

Per la programmazione regionale, per i grandi esperti di gestione dei rifiuti che da anni fanno il buono e il cattivo tempo in materia, nonché esperti di valutazioni ambientali, si è giunti alla resa dei conti. Finalmente.

Le discariche infatti sono vergognosamente piene per due ragioni: per il ritardo colpevole dei comuni e dei quattro Ati nell’estensione della raccolta porta a porta (Terni, per dire, è partita solo nel 2016), e perché in questi anni Regione e Provincie hanno autorizzato l’impiantistica per il trattamento dei rifiuti completamente piegate a favore dei proprietari delle discariche, i quali hanno garantito in cambio prezzi molto bassi per lo smaltimento. Una scelta azzeccata: basso costo in cambio della maggior parte dei rifiuti.

Sui ritardi dei Comuni o su condotte illecite, vedi la Gesenu a Perugia, c’è poco da dire, si sa tutto. In tutta l’Umbria associazioni e comitati da anni chiedevano raccolta differenziata e tariffa puntuale.

C’è invece molto da dire sugli impianti di compostaggio dell’organico da raccolta differenziata e su quelli che trattano l’indifferenziato, non tralasciando l’uso di secchi grandi per la raccolta “di prossimità” anziché quelli per la domiciliare, fatto che ovviamente peggiora la qualità della raccolta e quindi del rifiuto trattato.

I primi sono stati autorizzati con percentuali di scarto elevatissime, o addirittura, come è successo nel perugino, veniva data l’indicazione di conferire all’interno dell’organico anche i pannolini. Il risultato è che se a monte la raccolta dell’organico non viene fatta bene, in uscita, dopo il compostaggio, si avrà un compost inutilizzabile perché fortemente contaminato da altri rifiuti.

Prendendo i dati dei due impianti di compostaggio dell’Ati 4, Terni e Provincia, pubblicati sul Rapporto Ispra 2017 da dati di Arpa Umbria, infatti vediamo che nel 2016 dall’impianto di Nera Montoro, di proprietà Asm in joint venture con TerniResearch, lo scarto è stato circa un terzo dell’organico trattato, con un aumento rispetto all’anno precedente. Scarto che va ovviamente nella discarica di Acea ad Orvieto. Discarica che al suo interno ha altri tre impianti come vedremo, di cui uno per il compostaggio dell’organico che ha prodotto nel 2016 più di un terzo di scarti. Scarti che Acea si è auto-smaltita nella propria discarica.

La stessa cosa vale per i due impianti di trattamento meccanico dell’indifferenziato: quello di Asm a Terni nel 2016 ha smaltito in discarica, dopo di fatto un “finto” trattamento, la quasi totalità del rifiuto in entrata ad eccezione di un po’ di metalli. La stessa performance vergognosa quello di Acea, all’interno della discarica, che si è auto-smaltito 21 mila tonnellate su 25 mila in entrata. Un unico miglioramento c’è stato ma solo in termini di minori quantità in entrata vista l’estensione del porta a porta e quindi minor rifiuto indifferenziato. Quanto serve il porta a porta!

La domanda quindi è semplice. A fronte di un aumento delle percentuali della Raccolta Differenziata in tutta l’Umbria (Terni stimata al 75%) e quindi della diminuzione drastica di rifiuto indifferenziato che andrà in discarica dopo il trattamento, la Regione cosa intende fare?

Continuare ad esempio a permettere ad Acea di concentrare nella stessa area una discarica, un impianto di trattamento meccanico dell’indifferenziato, uno di compostaggio dell’organico e uno di stabilizzazione con il risultato di percentuali altissime di auto-smaltimento di tutti i rifiuti trattati? Ad Asm di mantenere in vita un finto trattamento? Ma soprattutto come è stato possibile che in questi anni, durante le procedure per il rinnovo o la concessione delle autorizzazioni a questi impianti, i responsabili regionali non abbiano imposto prescrizioni finalizzate da una parte ad aumentare il recupero di materiali riciclabili dall’indifferenziato e dall’altra a non permettere organico con percentuali di impurità eccessive, obbligando così i gestori a migliorare la raccolta ed avere compost di buona qualità? Perché basterebbe iniziare proprio da questo, a condizione ovviamente di una maggiore estensione e qualità del porta a porta.

Non c’è bisogno di urlare all’emergenza, ma di modificare la programmazione. Chi urla all’emergenza la vuole, per tornare a bruciare.

 

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