Il dipinto ‘Adorazione dei Magi – Natività detta Ancaiani’ è appartenuto all’abbazia di San Pietro in Valle Suppegna ed ora si trova a Berlino Gemaldegalerie (Boden Museum) staatliche museum.
Una tela che misura 245×245 cm. e che ha attraversato numerose vicende più o meno gioiose. «L’opera era collocata, sull’altare maggiore della abbazia di San Pietro in Valle Suppegna e lì conservata fino ai primi del XVIII secolo», afferma lo storico locale Carlo Favetti, autore del libro sull’abbazia ‘I luoghi dell’Arte e dello Spirito’.
«Viste le condizioni precarie del dipinto a causa dell’umidità – prosegue Favetti -, ossia i colori iniziavano a staccarsi dalla tela, l’abate Decio Ancaiani ne fece incollare un’altra nuova dietro da Domenico Michelini e chiese alla Sacra Congregazione il permesso per portare l’opera originale presso la cappella di San Benedetto della sua famiglia, a palazzo Ancaiani di Spoleto, sostituendola con una copia».
«Il permesso fu concesso dal cardinale Francesco Barberini con un documento firmato il 18 settembre del 1733. Il documento fu rinvenuto dal Pungileoni dopo aver esaminato le carte dell’archivio della famiglia Ancaiani da parte dell’arcivescovo Mario Ancaiani. Si decise di fare una copia del dipinto e ricollocarla in abbazia. La copia fu commissionata a Sebastiano Conca, ma questa non raggiunse mai San Pietro in Valle. All’epoca del Pungileoni quindi – spiega Favetti – l’opera era alla cappella di San Benedetto di Spoleto, che verrà distrutta nel 1833 per il passaggio della strada interna alla città».
«Nel 1825 la famiglia Ancaiani fece portare il dipinto a Roma. Per qualche anno fu esposta a Castel Sant’Angelo, poi fino al 1833 a palazzo Torlonia. In questo anno fu acquistata per 6 mila scudi romani per il museo di Berlino. Da precisare – osserva lo storico ferentillese – che la rocca degli Ancaiani successivamente, con Decio Ancaiani morto senza eredi diretti nel loro feudo di Ancaiano, passò ai parenti più prossimi, Giannuzzi Savelli (Carlo, Maria e Paolina). Gli attuali proprietari della rocca sono Gianvincenzo e Paola Coppi che l’hanno ereditata da Paolina Giannuzzi Savelli, la nonna paterna».
«Il Passavant – ancora Carlo Favetti – riferisce che il Raffaello lo avesse dipinto su commissione dell’abate Ancaiano Ancaiani (abate daln1478 al 1503). Nel 1860 si riferiscono attribuzioni allo Spagna. Il Sansi menzionò l’opera, così pure il Lermolieff; il Berenson la incluse tra le opere dell’artista prima del 1503; il Lupattelli osservò che si doveva al Passavant l’attribuzione allo Spagna; il Cavalcaselle, notando che la Natività di Berlino era in analogia con l’altra del convento della Spineta di Todi, non l’attribuì a Raffaello; lo Gnoli e il Bandini la ritennero anteriore al 1503 considerando lo stemma di Ancaiano Ancaiani; il Fausti la collocò nel 1500; il Val Marle segui il Cavalcaselle considerandola eseguita prima del 1503; anche il Perkins e il Gamba la collocano nel 1503».
«Ma il colpo di scena sull’esatta datazione dell’opera, il committente e l’autore (come riferisce lo storico dell’arte professoressa Giovanna Sapori) viene da un documento ritrovato da Luigi Rambotti nell’Archivio di Stato di Spoleto nel 2004, in occasione delle ricerche per la mostra sullo Spagna. Ma andiamo a scoprire il documento: il 14 febbraio del 1508 nell’orto della chiesa San Benedetto a Spoleto, presso le case Ancaiani, Eusepio Ancaiani, abate di San Pietro in Valle, il notaio Giovanmoscatello di Ser Guglielmo e il pittore Giovanni Di Pietro detto lo Spagna si incontrano per stipulare un contratto. Per ottanta fiorini l’