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Home » Insegnanti di sostegno: «Umbria matrigna»

Insegnanti di sostegno: «Umbria matrigna»

di Lucina Paternesi
11 Ottobre 2016
in Attualità, Cultura, Dal territorio, Economia, Lavoro
Tempo di lettura: 2 minuti di lettura
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L.P.

La Buona scuola non è quella che eccelle in geografia, così come tiene poco conto delle esigenze umane. Ne sono un esempio i tanti insegnanti di sostegno umbri che, grazie all’algoritmo della riforma renziana, si sono ritrovati sparpagliati a oltre cinquecento chilometri di distanza, nelle scuole venete, lombarde, liguri e toscane. Ora questo organico è riuscito a rientrare a lavorare in Umbria, sotto forma di assegnazione temporanea ma le cattedre vacanti, in tutta la regione, sono circa 150. E la loro battaglia, dicono, è appena iniziata.

L’obiettivo è di puntare alla modifica del meccanismo di selezione degli insegnanti di sostegno e delle regole della mobilità che, anche in abbondanza di posti a pochi chilometri da casa, fa assegnare cattedre a centinaia chilometri di distanza. Come quello che è successo a  una trentina di professori che, lasciando le proprie case e i propri affetti, sono stati spediti a lavorare fuori regione causando notevoli disagi a circa 300 ragazzi che all’inizio dell’anno si sono ritrovati senza il dovuto sostegno in aula e che, anche ora che i professori sono rientrati, verranno investiti della stessa precarietà cui sono costretti i loro docenti. «E questo – affermano i professori – significa avere una didattica carente e non poter seguire costantemente i nostri studenti».

Numeri In Umbria ci sono circa 3.700 alunni con disabilità, circa 200 unità in più rispetto allo scorso anno, mentre i posti in organico previsti sono stati 1.261 ai quali sono stati aggiunti quasi 750 posti in. Il problema, però, è che non si possono trasformare questi docenti in organico di diritto nonostante la ‘domanda’ di insegnanti di sostegno qui sia più alta che in altre regioni e, troppo spesso, finiscono per ricoprire questo ruolo docenti non specializzati e ancora precari. Non bastano dunque, le specializzazioni e gli anni a contatto con i ragazzi e con i servizi territoriali, perché i posti in Umbria ci sono, ma sono tutti incarichi a tempo determinato, quindi non destinati a chi ha già un posto di ruolo.

A 400 chilometri da casa «E’ stata gestita male interamente questa vicenda. Perché se con la riforma sono state inserite centomila persone, il problema è che non hanno prima riempito i posti seguendo il criterio territoriale. Molte province avevano posti vacanti, in Umbria c’erano 149 cattedre vacanti solo a Perugia, e un’altra quarantina a Terni. Allora non si capisce perché l’algoritmo che doveva evitare favoritismi ha espulso fuori regione tantissimi professori». Mauro Tinarelli, oltre ad essere insegnante di sostegno segue anche la sorella disabile. Come tanti altri anche lui è stato assegnato fuori regione, precisamente a Montebelluna, a 400 chilometri di distanza da casa. «Non è così facile cambiare vita e lasciare tutto così, su due piedi – racconta – ho anche una certa età. In ogni caso sono partito, sono andato a lavorare in provincia di Treviso per una venticinquina di giorni. Ho speso mille e 500 euro in più, ma comunque sono partito».

Mobilità interprovinciale In attesa di portare avanti la battaglia, le richieste, condivise con tutte le sigle sindacali, sono quelle di confermare la mobilità interprovinciale non in deroga anche per il prossimo anno scolastico, priorità agli insegnanti che devono rientrare e trasformare l’organico di fatto in organico di diritto.

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