Politica, il Pd si conta: gli altri manco quello

Terni, nel partito più grosso almeno discute guardandosi in faccia e non solo sui social. Il corsivo di Walter Patalocco

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di Walter Patalocco

Il Pd si avvia alla discussione finale e si va verso una posizione che, finalmente, supera il periodo dell’unità ad ogni costo e di facciata. Probabilmente non si arriverà alla conta, però si stabilisce, in una qualche maniera, che esistono posizioni diverse e, soprattutto, che le diversità nascono intorno alle idee, ai progetti, ai programmi.

E’ un passo avanti, a prescindere dalla validità e dallo spessore di tali idee, progetti e programmi che nel confronto serio non possono che crescere e migliorare. L’asse dei ragionamenti interni – almeno in teoria – sembrerebbe così spostarsi, nel Pd ternano, dalla consociazione alla discussione, cosa che non può che far bene sia allo stesso Partito democratico che alla città, in cui bene o male esso è (ancora) il partito che governa.

Il problema, semmai, sta proprio qui. Esiste un’alternativa concreta ad un Pd cui farebbe bene sentire il sale sulla coda? Chi sono, a Terni, i competitors del Pd? Un centrodestra diviso tra Forza Italia, Fratelli d’Italia ed altri rivoli i quali ultimi col termine “centro” non c’entrano un granché (il bisticcio è d’obbligo)? O l’M5s che sembra andare avanti, almeno a Terni, solo e sempre mettendo in discussione l’onestà e la correttezza degli altri? La Lega? Cos’è se non il livore xenofobo?

E a sinistra? Da Sel si aspetta che batta un colpo, mentre il resto è tutto riconducibile ad anime varie dell’ex Pci–Pds–Dc–Margherita. E siamo al capolinea. Il dibattito politico langue, si esaurisce con veti, denunce (anche alla Magistratura) attacchi proditori, scandali solo supposti, almeno finché le ipotesi accusatorie non si supportano con qualcosa di concreto.

Manca, insomma, il dibattito serio; anche il rinfacciarsi errori, promesse non mantenute, addirittura scandali (con almeno qualche pezza di appoggio) aiuta a crescere. Tutti. E’ produttivo chiudersi invece in un bugigattolo e andare alla ricerca dei likes sui social networks? Il problema è che proprio i socials danno alle menti semplici l’impressione di offrire un’occasione di libertà, di sfogo, di contestazione. Tutto ciò, per quelle menti, equivale alla possibilità di spargere manciate di insulti, calunnie e sospetti alla “’ndo cojo cojo”, facendo diventare un mezzo per scambiarsi idee e pareri in pubblico nient’altro che un trivio.

Il pericolo sta qui. Che le voci stonate indirizzino il comune sentire verso problemi fittizi, individuati e pasciuti sull’onda del sentito dire, con uno spreco di energie, di attenzioni e di tempo attorno a questioni di superficie di piccolo e solo clamoroso cabotaggio e non essenziali per una crescita della città, un miglioramento delle condizioni dei cittadini.

Il trionfo del pressapochismo, dell’ignoranza dell’abc istituzionale e persino di ruoli e competenze di questo o quell’organismo. L’estraniarsi dalla società illudendosi che essa non ci merita è la linea di confine oltre la quale c’è solo l’inciviltà dei primordi.

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