Punti di nascita, la Cgil: «Non fare solo tagli»

La segretaria regionale della Fp Cgil interviene sulle linee programmatiche della sanità

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di Vanda Scarpelli
Segretaria della Fp Cgil Umbria

La chiusura del Punto Nascita dell’Ospedale di Castiglione del Lago arriva ad un anno esatto dalla chiusura del Punto Nascita dell’ospedale di Assisi e segue le linee di indirizzo contenute nell’accordo Stato-Regioni del 16/12/2010, riguardanti l’appropriatezza degli interventi assistenziali nel percorso nascita e la riduzione degli interventi di taglio cesareo.

Conseguentemente, due dei reparti di degenza ospedaliera dedicati all’assistenza materno infantile afferenti agli ospedali di territorio presenti cessano la loro attività.

Anche l’azienda USL Umbria 2 ottempera agli impegni di razionalizzazione con l’annunciata chiusura del Punto nascita dell’ospedale di Narni e come l’altra azienda affronta il processo di riorganizzazione dei servizi che, secondo la programmazione sanitaria nazionale, dovrebbe prevedere la valorizzazione della rete dei servizi territoriali e la costruzione di percorsi in integrazione con le strutture ospedaliere di riferimento, a favore della promozione della salute delle donne e per la prevenzione delle principali patologie a carico dell’apparato riproduttivo, la diagnosi e le cure necessarie in tutte le fasi della vita della donna e del neonato.

Prendiamo atto del processo di riorganizzazione previsto dalla chiusura dei Punti nascita, ma chiediamo che tale processo non si traduca in tagli e interruzione di servizi per l’utenza e conseguentemente in riduzione di personale e soppressione di professionalità e competenze acquisite. Le aree territoriali interessate da questa trasformazione, non dovrebbero subire la perdita di servizi e prestazioni di qualità, ma piuttosto dovrebbero contare su un’evoluzione della rete dei servizi dedicati alla salute delle donne che, pur mantenendo come prioritaria la dimensione di centralità del paziente e l’ umanizzazione degli interventi (che da sempre ha contraddistinto le realtà locali), sono espressione di ampliamento dell’offerta delle prestazioni, aumento dell’efficienza, facilità di accesso alle cure.

Tutelare e promuovere la salute delle donne significa tutelare e promuovere la salute delle future generazioni e questo rappresenta una raccomandazione nell’organizzazione di percorsi che garantiscano il livello di cure più adeguato e completo per tutte le problematiche che si presentano nelle varie fasi della vita, dall’infanzia all’adolescenza, dall’età fertile alla gravidanza, al post parto alla menopausa fino alla senilità.

A tal fine, riprogrammare i servizi significa adeguare i servizi esistenti che non hanno i requisiti strutturali ed organizzativi appropriati, valorizzare il rapporto di integrazione tra componente territoriale e ospedaliera, investendo su modelli innovativi che prevedano attività supplementari rispetto a quelle finora garantite singolarmente dal consultorio e dai reparti/ambulatori ospedalieri.

È necessario che la progettualità riguardante le attività da garantire, per la promozione della salute della donna contenga elementi di innovazione, tali che l’utenza possa usufruire di un’offerta più ampia e qualificata e che le professionalità, presenti nelle realtà ospedaliere da riconvertire, possano continuare ad esprimere le proprie competenze offrendo un contributo professionale fondamentale ai progetti di trasformazione dei servizi che devono essere sempre più orientati al contrasto delle diseguaglianze nella salute legate alle differenze di genere.

Insomma, chiediamo che si producano scelte ma non solo tagli, che si utilizzino le razionalizzazioni per innovare e riprogettare ma anche per riqualificare i servizi!

E’ una sfida che l’attuale governo regionale non può non percorrere è ciò che i cittadini e gli operatori si aspettano.

 

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