«Qui il tempo passa, nessuno ci informa, non sappiamo se dopo anni riusciremo ad avere una casa popolare. E la situazione si fa sempre più complicata». A parlare è Federico, la cui vicenda è emersa a più riprese in passato. Perché è invalido, ha tre figli minorenni di cui uno disabile grave e, insieme alla compagna, è costretto a vivere con poco più di mille euro al mese e un affitto da pagare. Accade a Terni, dove Federico sta conducendo la sua battaglia fra mille difficoltà. «Prima l’ostacolo per avere un’abitazione Ater era rappresentato dai precedenti penali a mio carico, di modesta entità ma comunque in contrasto con una legge regionale scellerata. Poi è sopraggiunta l’assenza di un certificato relativo alla presa in carico di mio figlio da parte della Usl, problematica questa sanata. Con l’impegno del sindaco Bandecchi, testimoniato anche dalla telefonata ricevuta lo scorso 4 dicembre dal suo vice Corridore che mi rassicurava circa i requisiti in nostro possesso e si impegnava a consegnare direttamente la documentazione, mi ero un po’ tranquillizzato. Insomma c’era una certa fiducia perché». Di eventuali commissioni successive, che avrebbero dovuto valutare le domande presentate, ad oggi non ci sono notizie: «Non sappiamo nulla, men che meno dell’eventuale esito. Di parole in questi mesi ne ho sentite tante, la sostanza invece è una: non abbiamo una casa popolare nonostante un quadro pesante sotto ogni punto di vista». La prospettiva, se le cose non dovessero andare come Federico e i suoi cari sperano, è quella delle vie legali, leggasi ricorso al Tar. «Ma ha un costo importante, in sé e relativo alla prestazione professionale dell’avvocato. Per questo, se dovessimo presentare ricorso, c’è già chi pensa – fra coloro che ci sono vicini – di organizzare un’apericena per raccogliere fondi con cui sostenere i costi. Se si dovesse arrivare ad un punto del genere, ovvero le vie legali, avremmo la conferma che poco o nulla in questo Paese funziona».