Terni e l’Università: forse serve una Tac

Una riflessione sull’ospedale che si arricchisce di dotazioni e il rapporto con l’ateneo

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di Walter Patalocco

‘Optima’ si chiama la macchina che consente in pochi secondi un esame preciso, completo, minuzioso e sicuro: in un pronto soccorso è importantissimo avere una Tac così, che in un attimo rende possibile – in parole povere – ‘sminuzzare’ il paziente in tanti pezzettini per individuare con precisione massima il punto preciso su cui intervenire.

L’ospedale di Terni ce l’ha, unico in Umbria. E poi: il centro di raccolta del sangue cordonale, quello che se messo da parte consentirà in futuro cure già pensate (le cellule staminali) ed impensabili al giorno d’oggi, sia per il soggetto ‘donatore’, ma anche per tutti i compatibili. Anche questo l’ospedale di Terni ce l’ha.

Due novità che vanno ad aggiungersi a tutta un’altra serie di disponibilità tecnologiche che fanno della sanità ternana, intesa come parte integrante ed integrata del sistema sanitario regionale, un nonsoché di alto livello a dispetto del luogo comune, che ancora circola tra alcuni ternani, secondo cui «qui non ci capiscono niente, se ci hai ‘na cosa seria e meglio andare da altre parti». Anche questa, comunque, è una vox populi che sta perdendo forza se – come dice Andrea Casciari direttore dell’azienda ospedaliera di Terni – l’appeal dell’ospedale Santa Maria è cresciuto proprio tra i pazienti ‘di casa’.

L’ospedale di Terni è ‘Azienda sanitaria di alta specializzazione’. Una specifica che non è che uno si alzi la mattina e se l’appiccica addosso perché gli va. Per averla sono necessarie due cose: la disponibilità di alta tecnologia, la presenza dell’Università.

Perciò nel giorno ‘da leone’ del direttore Casciari, quando sono state ufficialmente inaugurate le due strutture di cui sopra, c’era anche il rettore ‘magnifico’ dell’Università di Perugia, Franco Moriconi. Il quale, intervenendo alla manifestazione pubblica, ha pronunciato poche parole, ma molto importanti pur se – comprensibilmente – praticamente ignorate nei resoconti della giornata.

Ha detto più o meno il ‘magnifico’: si mette spesso in dubbio il reale impegno dell’Università di Perugia nei confronti del polo ternano; c’è stato chi ha rimestato cercando di creare un dualismo deleterio e chi ha cercato di accreditare una visione peruginocentrica dell’università; «tagliamo la testa al toro – è l’aggiunta testuale – l’impegno dell’Università sul polo ternano è sicuro, forte, consistente, destinato a durare. Perché conviene all’Università». Un perché inteso, nelle parole del rettore, non in senso utilitaristico ed egoistico, ma – diciamo così – ‘come garanzia’.

E’ una dichiarazione importante, se non altro perché lapidaria. Tesa a porre fine ad ogni dubbio, cui dovranno seguire fatti, però. Sia per quanto riguarda la facoltà di medicina che per il resto.

E’ innegabile che la presenza degli universitari ha significato un forte arricchimento delle competenze nella struttura ospedaliera ternana, ed è sperabile che non accada quel che in un certo periodo del passato è invece accaduto, quando sembrò che la sede ternana di medicina fosse considerata più che altro uno sfogatoio di aspirazioni che altrimenti non potevano trovare spazio, o un ‘confino’.

Nei casi più positivi è sembrato che il meccanismo fosse quello adottato da alcune società calcistiche di serie A che mandano giocatori di talento ma ancora imberbi in prestito a squadre di serie B per far fare loro le ossa. Non è più così, da qualche anno, e anche per questo l’ospedale di Terni è cresciuto in prestigio e prestazioni.

Poi c’è il resto del Polo universitario ternano, con le altre facoltà che sembrano in debito d’ossigeno, mentre altre ormai sono un’esperienza che si è lasciata, non senza colpe, consumare; con l’onere di reperire i finanziamenti delegato al consorzio universitario ternano quasi a dire: volete costruirvi un’università vera? A noi sta bene, i soldi però cercateveli.

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