Lui, Edoardo, ha 49 anni ed è di Terni. È uno dei ‘tagliati’ della vertenza Sangemini del 2015. Non ha un lavoro – si arrangia come può, saltuariamente – ed ha una madre di 81 anni, invalida al 100%, da accudire giorno e notte. Una storia non diversa da tante altre, che porta alla luce un disagio vissuto in prima persona: «Finora ho bussato a tante porte e ricevuto tanti ‘no, ci dispiace’ – racconta -. Ultimamente qualcosa si è mosso, ma ciò che chiedo non è un sostegno economico. Chiedo ascolto, e magari una mano con mia madre. Perché sto cercando un lavoro e assisterla 24 ore su 24, ogni giorno, è un limite invalicabile per riuscire a trovarlo».
«Non ce la faccio più»
Edoardo percepisce un sussidio – tecnicamente un voucher – con scadenza fissata ad agosto: «Attraverso il Centro per l’impego, mi sto attivando per riuscire a trovare un lavoro, anche temporaneo. Non è facile, certo. Specie in queste condizioni. Ma vorrei tanto poter tornare ad essere autonomo, anche per dare una vita più dignitosa a mia madre». La donna può spostarsi solo con la carrozzina. A casa, necessita di cure e di un’assistenza che Edoardo è in grado di darle: «Ma ormai non ce la faccio più. Anche per questo, dopo lungo tempo e tanti tentativi, siamo riusciti ad ottenere 8 ore settimanali di assistenza dalla Usl. Forse è poco ma per me è importante, anche solo per poter staccare mentalmente. Mio fratello lavora e usufruisce della legge 104 per 3 giorni al mese, anche questo mi aiuta, ma ovviamente è una goccia nel mare».
Il cane che si morde la coda
I conti da far quadrare, sono un’altra incombenza non da poco: «Viviamo con la pensione di mia madre ed il voucher, a fronte di un affitto che da solo porta via 450 euro al mese: prima spendevano 290 euro ma abbiamo dovuto trovare un’altra casa, più adeguata alle esigenze di assistenza di mamma. Ho fatto anche richiesta per un alloggio popolare ma nella graduatoria, che vede pochi altri italiani presenti, sono al 290° posto ed a dicembre ne hanno assegnate appena 50. Quello che vorrei capire, è chi possa aiutarci, magari solo nelle incombenze di ogni giorno. Perché affidarsi ad una badante vuol dire anche destinare all’assistenza l’intera pensione di mia madre, che non basterebbe neppure. Sembra un po’ il cane che si morde la coda: se la assisto io, come faccio ora, non riesco a trovare né a svolgere un lavoro».
Una mano
In passato Edoardo ha attraversato anche momenti bui, di disperazione. «Dopo l’uscita dalla Sangemini, ho aperto un bar e l’attività non è andata bene. Poi le problematiche sono aumentate e mi ritrovo, a 49 anni, a contare le porte che mi sono state sbattute in faccia. Sinceramente non so a chi rivolgermi per poter ridare un po’ di ordine alle cose e, soprattutto, tornare a vivere. Spero solo che il mio appello venga compreso, soprattutto dagli amici più cari: non è facile andare avanti così. Vorrei potermi sentire meno solo, meno emarginato anche se pure la pandemia ha influito in questo senso. Un conoscente, un amico che viene a trovarti per un caffè e due chiacchiere è tanto importante e ti fa stare meglio. Non tutti però se ne rendono conto e mi rendo conto che non è semplice immedesimarsi in chi vive certe situazioni».