Terni, omicidio Raggi: confermati 30 anni

La Corte d’assise d’appello di Perugia ha ribadito la condanna inflitta in primo grado all’omicida, il 30enne Amine ‘Aziz’ Aassoul

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Confermata la pena inflitta in primo grado – 30 anni di reclusione – ad Amine ‘Aziz’ Aassoul, l’omicida di David Raggi. La Corte di assise di appello di Perugia non ha accolto la richiesta di riduzione della pena a 18 anni formulata in aula dal sostituto procuratore generale Giancarlo Costagliola che non aveva ritenuto di dover contestare al 30enne marocchino l’aggravante dei futili motivi. A decidere, mercoledì pomeriggio, è stata la Corte presieduta da Ferdinando Pierucci e composta dal giudice togato Massimo Falfari e dai giudici popolari.

«GIUSTIZIA È FATTA»: PARLANO DIEGO RAGGI E L’AVVOCATO PROIETTI – VIDEO

L'avvocato Massimo Proietti con Diego Raggi

L’avvocato Massimo Proietti con Diego Raggi

«Una liberazione» Così il fratello di David, Diego Raggi, dopo la lettura del dispositivo da parte del presidente della Corte: «È stata una liberazione – dice – e ho ripreso a respirare solo ora, dopo quella brutta, bruttissima richiesta di sconto fatta dalla procura. Questa sentenza è un altro segno importante, di come in Italia qualcosa ancora funzioni e di come si debba andare avanti su questa strada. Il delitto di David e tutti gli altri accaduti in situazioni simili, non possono e non devono restare impuniti. Ringrazio davvero tutti, a  partire dalla polizia che ci è stata sempre vicina dopo quanto accaduto». Con Diego, a Perugia, c’era anche la mamma Bruna che è rimasta fuori dall’aula ed ha accusato un lieve malore dopo aver appreso la notizia della conferma della condanna. Il papà Walter ha invece preferito restare a Terni: troppo duro, per lui, assistere all’udienza.

«Grande soddisfazione» L’avvocato della famiglia Raggi, Massimo Proietti, parla di «mattinata partita in salita, con la richiesta formulata dalla procura generale che ha lasciato tutti senza parole. In aula ci siamo battuti contro qualsiasi riduzione della pena e la Corte, senza tentennamenti, ha inteso confermato completamente la sentenza emessa dal tribunale di Terni. C’è davvero grande soddisfazione – conclude il legale – per un risultato raggiunto nonostante le difficoltà che ci si sono poste davanti».

Gli amici di David Raggi, a un anno dalla scomparsa - 12 marzo 2016

Gli amici di David

Le sensazioni Queste le sensazioni degli amici di David al termine di una giornata dura, segnata dal dolore ma anche dalla soddisfazione: «È stata una giornata strana – dice Tamara – piena di tante cose: speranza, dolore, ricordo. Queste giornate per me sono sempre dolorose, è come si rivivessi quella notte. Ho avuto paura quando Diego ha detto che erano stati chiesti 18 anni, ma come si fa? Come fa qualcuno che dovrebbe garantire la giustizia a chiedere la diminuzione della pena per un assassino? Sentire 30 anni è stato un sollievo, ma tanto David non tornerà fra noi. L’unica cosa che volevo, era vedere ‘quello’ (Amine Aassoul, ndR), incrociare i suoi occhi. Ho sognato tutte le notti, da quel 12 marzo, di vederlo. Ed è stato come perdere David una seconda volta: quegli occhi che si sono fermati sui nostri senza vergogna, pieni di strafottenza, di sicurezza, quasi a volerci sfidare, senza il minimo segno di vergogna o pentimento. Il fatto che abbia alzato il dito medio è il meno. Sono quegli occhi – dice Tamara – che non scorderò più. Mi ha tolto la vita il 12 marzo di un anno fa e lo ha fatto di nuovo oggi. E dopo questo spero che nessuno dica più che non sapeva quello che faceva quella notte, perché i suoi occhi, oggi, erano quelli di un assassino consapevole e compiaciuto. Detto ciò, resta il fatto che David ha vinto e vincerà perché al suo fianco ci saremo sempre noi». E queste le sensazioni di Benedetta che ha sempre seguito tutti i passi – giudiziari e non – della vicenda e anche lei presente a Perugia, mercoledì mattina: «La giornata è stata forse una delle più difficili perché ritorna tutto alla mente, più forte, più amplificato, perché sei cosciente che la sentenza può essere stravolta. Un’attesa durissima, accanto ad una famiglia che si fa forza nonostante tutto. A un certo punto è sembrato crollare tutto, fino a quando ci hanno detto che i 30 anni erano stati confermati. Lì poi è un misto di sensazioni, sei ‘felice’ che abbiano deciso così, per te, per la famiglia, perché pensarlo fuori (Amine Aassoul, ndR) a vivere una vita che lui ha spezzato ad un altro, mette i brividi. Poi esce, ti guarda con quella espressione come di sfida, ti manda a quel paese col dito medio e ti giuro che in quei momenti faresti di tutto. Altro che le parole, ma non puoi per la famiglia che è sempre stata magnifica e per lui che non avrebbe mai apprezzato un tale comportamento. Capisco i cugini che si sono avventati, io sono rimasta pietrificata vedendolo. Vorrei solo sapere se lui a David ha mai pensato, se ricorda il suo viso, se sa che a noi ha tolto la vita, che per quanto vai avanti David ti manca sempre di più, se sa che ha tolto uno zio a suo nipote, un figlio, un fratello, insomma se potessi fargli una domanda, vorrei sapere questo. Ma lo sguardo e il gesto di oggi dicono tutto. Vorrei solo aggiungere – dice Benedetta – che sentirmi, sentirci parte di questa famiglia è il modo più bello per ricordarlo e sentirlo. Perché Bruna, Walter, Diego e Francesca sono ciò che David era e continua ad essere. I loro occhi e i loro sorrisi sono la cosa più bella che ci è rimasta, oltre ad Axel, suo nipote. Spero solo che oggi si capisca davvero che l’Italia non è il paese dei balocchi, che non ci sarà nessuno sconto, nessuna buona condotta per chi non ha rispetto della vita degli altri. Per chi non si rende conto che non spezza solo la vita di un ragazzo di 27 anni, ma di tutti quelli che ha incontrato e che hanno camminato con lui».

L’assassinio Un omicidio assurdo quello di David Raggi, il 27enne ternano ucciso la sera del 12 marzo del 2015 in piazza dell’Olmo da Amine ‘Aziz’ Aassoul, 30enne di nazionalità marocchina arrestato dalla polizia di Stato pochi minuti dopo aver commesso il fatto. Mercoledì la vicenda giudiziaria legata ad uno dei più gravi fatti di sangue che Terni ricordi, ha vissuto un’altra tappa fondamentale, quella del giudizio di secondo grado di fronte alla Corte d’assise di appello di Perugia che ha confermato la condanna inflitta dal tribunale di Terni.

Amine Aassoul

Amine Aassoul

Condannato a Terni Il 29 settembre del 2015, in primo grado, Amine Assoul (FOTO) era stato condannato dal gup Simona Tordelli – con rito abbreviato – a 30 anni di reclusione per omicidio volontario, resistenza e lesioni a pubblico ufficiale. Nei confronti del 30enne marocchino, difeso dall’avvocato Giorgio Panebianco, il tribunale aveva anche dichiarato l’interdizione perpetua dai pubblici uffici e l’interdizione legale durante l’esecuzione della pena, con espulsione dal territorio nazionale al termine del periodo di detenzione. Un’udienza drammatica, segnata da tensioni ma anche dal grande cuore e dal senso di responsabilità della famiglia Raggi, in testa il fratello Diego.

Gli amici di David

Gli amici di David

«Nessuno sconto» Mercoledì i familiari e gli amici più cari di David, gli stessi che non hanno mai smesso di ricordarlo e che hanno seguito ogni passo della dolorosa vicenda giudiziaria, erano a Perugia per opporsi a qualsiasi passo indietro da parte della giustizia rispetto a quanto sancito poco più di un anno fa. Il loro pensiero è racchiuso nelle parole che l’avvocato Massimo Proietti, il legale della famiglia Raggi, aveva pronunciato prima dell’udienza di Perugia: «La sentenza di primo grado – aveva detto – è stata equilibrata e corretta e dovrà essere confermata. Faremo tutto ciò che è nelle nostre possibilità perché ciò avvenga e chiederemo anche l’aumento delle provvisionali stabilite dal tribunale di Terni. Quello di David non è stato un omicidio preterintenzionale come la difesa di Amine Aassoul ha provato a sostenere. Ma è stato un atto volontario, aggravato da motivazioni del tutto futili. Ci sono tutti i presupposti perché i 30 anni vengano confermati anche in appello e per questo ci batteremo».

La causa allo Stato David è stato ucciso da un cittadino clandestino che doveva essere in carcere, in ragione delle numerose condanne da scontare. Aspetti, questi, che hanno spinto la famiglia Raggi a fare causa allo Stato per ottenere un giusto risarcimento. Un percorso giudiziario segnato anche da una ‘beffa’ dura da digerire, con l’accesso all’equo indennizzo – e quindi al fondo per le vittime di reati intenzionali violenti – negato perché David aveva un reddito di 13.500 euro annui e per lo Stato era troppo ricco. Tutto ciò in base ad una legge, la 122 del 7 luglio 2015, ritenuta incostituzionale dal legale che rappresenta i familiari di David Raggi.

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