di S.F.
La revoca della concessione di occupazione del suolo pubblico per il posizionamento delle mastelle – raccolta differenziata – a danno del condominio di via Lazio 19, a borgo Bovio. Un atto che ha portato i cittadini ad avanzare un ricorso al Tar Umbria contro il Comune di Terni e l’Asm: la storia – per ora – si è conclusa mercoledì con la sentenza che condanna al pagamento delle spese legali (1.500 euro) quest’ultime. Che dovevano agire in modo diverso.
IL RICORSO CONTRO COMUNE E ASM PER I CONTENITORI

La storia in sintesi: la concessione e la revoca
In un primo momento – novembre 2017 – era stata concessa la possibilità di poter piazzare i contenitori in una minima superficie lungo il marciapiede, in via Emilia. Tutti contenti. Fino a quando non si sono verificati atti di vandalismo e abbandono di rifiuti che hanno portato l’Asm a richiedere – ed ottenere nella primavera 2019 – dal Comune la revoca del provvedimento concessorio. Con un problema: il condominio ha messo in evidenza che non c’era modo di metterli nelle abitazioni o in altre aree private (c’è chi non ha il terrazzo) a causa della mancanza di spazi, rendendosi tuttavia disponibile a collaborare per trovare soluzioni alternative. Esempio? L’installazione di una telecamera di videosorveglianza o la recinzione del perimetro d’occupazione. Niente da fare: l’amministrazione comunale ha modificato il provvedimento escludendo la concessione di uso del suolo pubblico per il condominio.

I problemi e il non coinvolgimento
Il condominio ha lamentato il fatto di essere stato bypassato nel procedimento che ha portato alla revoca della concessione. Non solo. Il Comune – secondo i ricorrenti – non avrebbe tenuto conto che alcune delle criticità evidenziate da Asm sarebbero state facilmente risolvibili, come ad esempio l’uso di una chiave magnetica per la chiusura dei contenitori. Ma soprattutto che una conseguenza immediata della revoca sarebbe stata il posizionamento all’interno dei garage – come è poi avvenuto – condominiali con intralcio per l’uscita dei veicoli. Un pasticcio insomma. A difendere i ricorrenti sono stati gli avvocati Antonio De Angelis e Manuela Landi.

Il Tar inchioda Comune e Asm
I magistrati innanzitutto chiariscono un aspetto: «L’istanza di concessione per l’occupazione del suolo pubblico deve essere presentata al Comune dal gestore, ma la circostanza che l’impossibilità del reperimento di una soluzione adeguata imponga la diretta interlocuzione tra l’amministrazione comunale, il gestore ed il condominio non può che indurre a ritenere che l’attivazione, da parte del gestore, del procedimento per il rilascio della concessione per occupazione del suolo pubblico è in tal caso rivolta a soddisfare un interesse non tanto (o non soltanto) proprio ma (anche) del condominio». Punto a favore dei ricorrenti. «D’altra parte, non è senza rilievo la circostanza – si legge nella sentenza – che l’istanza di concessione era stata presentata da Asm su richiesta del condominio e che la determinazione dirigenziale del 28 novembre 2017, recante il disciplinare di concessione per l’occupazione del suolo pubblico per la raccolta differenziata, menzionava espressamente i condominî (e tra questi quello di via Lazio 19) in favore dei quali era stata consentita l’occupazione. Quanto appena considerato vale, a maggior ragione, per l’atto con cui l’amministrazione, che già aveva contemplato il condominio di via Lazio tra quelli in favore dei quali era stata concessa l’occupazione del suolo pubblico per il posizionamento dei cassonetti, ha poi provveduto alla relativa revoca proprio (e solo) nei confronti dello stesso condominio». In definitiva il coinvolgimento dei residenti ci doveva essere.

La difesa
Dall’altro lato l’avvocato del Comune – Francesco Silvi – ha spinto sul fatto che l’avvio del procedimento non doveva essere inviato al condominio «nella cui sfera giuridica non si sarebbe determinato alcun effetto diretto in conseguenza della revoca della concessione per occupazione del suolo pubblico nei confronti di Asm». Inoltre non vi sarebbe la violazione dell’articolo 31 del regolamento comunale in ambito di gestione dei rifiuti urbani, il quale «prevede il coinvolgimento del condominio per l’individuazione di un’altra modalità di conferimento soltanto nel caso in cui, nel corso dell’istruttoria per l’individuazione di una collocazione dei contenitori sul suolo pubblico, si verifichi l’impossibilità di trovare soluzioni tali da salvaguardare la viabilità e il decoro urbano». Sponda Asm – difesa dal legale Maria Di Paolo – è stato sostenuto che le istanze partecipative del condominio sarebbero state soddisfatte nei mesi precedenti all’avvio dell’iter di revoca. Il Tar tira in ballo proprio l’articolo 31 per dare peso alla tesi dei ricorrenti: «Ulteriore conferma della necessità del coinvolgimento del condominio si trae dallo stesso regolamento. Dispone che ‘nel caso in cui, nel corso dell’istruttoria per l’individuazione di una collocazione dei bidoni su suolo pubblico, si verifichi l’impossibilità di trovare una soluzione che garantisca un’idonea viabilità e il decoro urbano, il Comune concorderà con il gestore e con il condominio un’altra modalità di conferimento che garantisca comunque lo svolgimento corretto del servizio’. La tesi che vuole che il condominio, in ipotesi come quella per cui è causa, non dovesse essere coinvolto nel procedimento non può essere condivisa».
L’esito
Il Tar aggiunge poi che deve evidenziarsi che, «se anche fosse vera la circostanza che le criticità segnalate da Asm non erano da imputarsi alla condotta dei condomini dello stabile di via Lazio 19, ciò non potrebbe comportare in termini assoluti la irrevocabilità della concessione per occupazione del suolo pubblico del 28 novembre 2017, che non è certo un provvedimento sanzionatorio, ma un atto che l’amministrazione può discrezionalmente adottare per sopravvenuti motivi di pubblico interesse ovvero nel caso di mutamento della situazione di fatto non prevedibile al momento dell’adozione del primo provvedimento. Così come non potrebbe aprioristicamente escludersi la possibilità di pervenire, in mancanza di alternative concretamente praticabili, a modalità di conferimento coinvolgenti gli spazi comuni di proprietà condominiale, qualora l’iniziale valutazione di Asm risultasse errata. In altri termini, l’annullamento del provvedimento impugnato, nei termini sopra indicati, non può che fare salve – conclude il Tribunale amministrativo regionale – le ulteriori determinazioni che, nel rispetto del contraddittorio procedimentale, l’amministrazione riterrà di dover adottare nell’esercizio della propria discrezionalità ». Ricorso accolto. Resta la possibilità di procedere con l’appello al Consiglio di Stato.