di Fra.Tor.
La grave situazione in cui versa il settore bancario in Umbria e le negative ricadute sull’economia del territorio. «Grave il problema sociale della diffusione dell’usura nel territorio che vede il 12% della popolazione ricorrere a soluzioni di credito ‘non convenzionali’». Di questo si è discusso venerdì mattina, nella sede della Uil di Terni, nel corso del sesto congresso regionale della Uilca dell’Umbria.
L’abbandono «Abbiamo scelto Terni come sede del congresso perché città simbolo dell’abbandono politico ed istituzionale in cui si trova un’area del territorio regionale dove è stata scritta una delle più importanti pagine della storia economica dell’Umbria», ha sottolineato Luciano Marini, segretario generale uscente della Uilca dell’Umbria. «Terni, un tempo fiorente città industriale e con una comunità sociale fiera e consapevole della propria laboriosità, ha conosciuto negli ultimi decenni un trend di decadenza gravissimo legato alla crisi dell’acciaio e dell’industria chimica, che hanno trascinato con sé e frantumato un vasto e produttivo indotto di piccole e medie imprese».
La crisi L’Italia, ha aggiunto Marini, «è stata colpita dalla crisi in misura superiore a quella di altre economie europee. Nel contesto nazionale non brilla il posizionamento dell’Umbria che ha subito nel corso degli anni un vero e proprio ‘ribaltone’ in quanto, partendo da una situazione nella quale il dato regionale era sostanzialmente in linea con la media nazionale, la nostra regione si è presentata all’arrivo della crisi già destabilizzata e ne sta uscendo con un ‘buco’ di Pil di quasi il 13%, ponendosi al penultimo posto in Italia».
L’INTERVISTA A LUCIANO MARINI – IL VIDEO
Le banche in Umbria Il sistema bancario umbro «per forza di cose ha risentito della crisi, accentuata dalle caratteristiche tipiche dell’economia regionale, basata sulla piccola e piccolissima impresa o addirittura imperniata sul segmento delle famiglie produttrici che scontano un’atavica difficoltà nell’accesso al credito in quanto penalizzate dalla cronica carenza di capitalizzazione che le affligge. A fianco di queste difficoltà si è accentuata la predisposizione da parte della clientela ad un maggior utilizzo dei canali remoti che sta favorendo una metamorfosi della figura del bancario sempre meno impegnato in attività routinarie o di back office per essere riorientato ad attività a maggior contenuto consulenziale».
Alcuni numeri A livello distributivo della rete sportellare delle banche operanti in Umbria, ha detto poi il segretario regionale, «si evidenziano fattori di differenziazione e se è vero che la densità degli sportelli in regione è superiore alla media nazionale, qui si registra il 12% dei comuni privi di qualsiasi sportello e a questo dato occorre sommare la presenza di oltre un terzo degli stessi comuni dove opera un solo intermediario. Sempre in tema di presenza di sportelli sul territorio si registra il perdurare di uno squilibrio fra aree, con un rapporto fra la popolazione residente e numero di sportelli inferiore nella provincia di Perugia di circa 200 abitanti per sportello in meno rispetto allo stesso rapporto calcolato in quella di Terni».
Il credito e l’usura I dati inerenti le concessioni creditizie, per Marini, «confermano un quadro di complessiva difficoltà dell’Umbria uscita dal periodo più nero della crisi, che pur a fronte di una crescita complessiva del +6,8% registra un +26,9% per il segmento delle famiglie consumatrici, ma anche un pesante -6% per le imprese. Una ‘Caporetto’ per le imprese fino a 5 addetti che hanno visto un tracollo del -13%». Collegato al tema dell’accesso al credito c’è poi «il grave problema sociale della diffusione dell’usura nel territorio che vede il 12% della popolazione ricorrere a soluzioni ‘non convenzionali’. Circolano cifre importanti che fanno stimare un giro d’affari superiore ai 700 milioni di euro l’anno solo in Umbria. Una situazione che investe l’intero territorio, ma che vede il suo epicentro nella ‘conca’ ternana dove si registra l’indice di permeabilità all’usura più alto della regione: un giro d’affari che sfiora i 200 milioni di euro».
La Uilca Umbria chiederà, quindi, «l’attivazione di un ‘Tavolo di crisi’ per quanto riguarda il settore bancario, da istituire a livello regionale e al quale potranno partecipare le istituzioni, ma anche le parti sociali, e chiederemo anche una maggior coesione a livello sindacale, a partire dai tavoli della categoria, per arrivare anche a livello confederale. Vogliamo che la questione del credito venga risolta una volta per tutte».