Lettera alla Befana per la sanità orvietana

Una lettrice affetta da sclerosi multipla si affida alla ‘vecchina con la scopa’ per sollevare questioni importanti per lei ed i cittadini

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di Maria Donata Sensi

Cara Befana, questa mattina ho aperto la vecchia cassapanca dei ricordi e, coperti da polvere, sono venuti fuori i miei giocattoli. Le mie bambole bellissime che quando ero piccola non ci volevo giocare per non rovinarle. Ho preso la più bella, quella che mi assomigliava un po’ come diceva la nonna. E’ lei congelata nei miei ricordi: capelli biondi, occhi azzurri che si aprono e chiudono facendo rumore se le muovi la testa, il cappellino di paglia, il vestitino di organza. Me l’hai portata tu te lo ricordi?

La sera prima della tua venuta, andavo a letto con tanta paura e ogni minimo rumore si ingigantiva nel buio e rimanevo con gli occhi spalancati sotto le coperte. La mattina la gioia di trovare la calza piena di dolcetti, il maglioncino nuovo e la bellissima bambola… Anche quest’anno appenderò la calza con i miei desideri.

Come tu sai sono malata di sclerosi multipla, una malattia brutta e antipatica, una malattia che ad Orvieto ho soltanto io, una malattia che si conosce poco, una malattia progressiva e invalidante… e trovi un po’ di giovamento facendo fisioterapia.

Trovare i medici competenti ed umani non è sempre facile. Ho incontrato medici affaristi e disonesti che vedevano in me una vacca da mungere, medici sarcastici che ti ascoltavano con superficialità, ma a furia di girare ho incontrato grandi professionisti che mi si sono messi accanto pronti ad ascoltarmi con umiltà e competenza. E allora, cara Befana, ho incominciato a girare in lungo ed in largo per l’Italia: Pisa, Siena, Roma, Pozzilli…

Cara Befana ti chiedo due cose: un cicloergometro, strumento utilizzato per i malati come me, molto efficace, ma che ad Orvieto non conoscono. Vorrei poi una scopa come la tua, una vecchia scopa che tu non usi più, anche un po’ scarburata, che io possa utilizzare in giro per l’Italia per i miei controlli medici. E anche una sedia, una stupida e dismessa sedia da mettere nel corridoio davanti alla farmacia dell’ospedale di Orvieto per permettere ai pazienti di stare seduti durante le lunghe attese per ritirare i farmaci.

Devi sapere che qui per ritirare i farmaci a volte i malati sono costretti a lunghissime attese, come è successo a me qualche giorno fa. Ho fatto due ore di fila in piedi ed ero così stanca che nel ritornare a casa ho procurato un piccolo incidente con l’auto. La direzione ospedaliera ha posizionato alcune panchine metalliche lungo il corridoio ma così scomode che sono inutilizzabili. Cara Befana la mia situazione è disperata e visto che nessuno mi ascolta mi rimani solo tu. Ti voglio ancora tanto bene e se ti capita di passare da queste parti fermati pure. Troverai sempre un piatto caldo di minestra e tanto amore.

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