Carceri in Umbria: «Dilaga la violenza»

Il Sappe denuncia: «Agenti costretti a fronteggiare tentati suicidi, aggressioni e decine di atti di autolesionismo»

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Diminuiscono i detenuti ma crescono gli episodi gravi all’interno delle carceri umbre: a denunciare la situazione – anche alla luce del recente suicidio di un detenuto di origini sarde nella casa circondariale di Terni – è il sindacato autonomo di polizia penitenziaria ‘Sappe’ che sottolinea come quelle di Terni e Perugia siano le due carceri umbre con il più alto numero di atti di autolesionismo fra i detenuti – chiodi, pile e lamette ingerite e ferite inferte al proprio corpo – rispettivamente con 21 e 20 casi.

«Situazione critica» Al 30 luglio di quest’anno erano 1.320 i detenuti presenti nelle carceri dell’Umbria, contro i 1.534 del 2014. Un calo a cui – secondo il sindacato – non ha fatto seguito alcun miglioramento sul fronte delle criticità. «Dal 1 gennaio al 30 giugno 2015 nelle quattro carceri dell’Umbria – spiegano il segretario nazionale del Sappe Donato Capece e quello regionale, Fabrizio Bonino – si è registrato un suicidio, un decesso per cause naturali in cella e 53 atti di autolesionismo posti in essere da detenuti. Ancora più gravi i numeri delle violenze contro i nostri poliziotti penitenziari: parliamo di 34 colluttazioni e 12 ferimenti, senza citare il grave episodio nel carcere di Spoleto, qualche settimana fa, con due poliziotti aggrediti. Ogni giorno – commentano i due esponenti del Sappe – le turbolenti carceri umbre, così come nel resto d’Italia, vedono le donne e gli uomini della polizia penitenziaria fronteggiare pericoli e tensioni. Per i poliziotti in servizio le condizioni di lavoro restano pericolose e stressanti».

L’attacco «Per il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap) – questa la denuncia del Sappe – le condizioni di vita dei detenuti, in linea con le prescrizioni dettate dalla sentenza Torreggiani, sono migliorate in Italia. Non si dice, però, che le tensioni del sistema penitenziario italiano continuano a scaricarsi sulle donne e gli uomini del Corpo di polizia penitenziaria, quotidianamente impegnati a contrastare le tensioni e le violenze che avvengono nelle nostre carceri vedono spesso i nostri agenti, sovrintendenti, ispettori picchiati e feriti dalle violenze ingiustificate di una consistente fetta di detenuti che evidentemente si sentono intoccabili».

«No a mistificazioni» «I dati sono gravi e sconcertanti – afferma Fabrizio Bonino – e sono utili a comprenderli organicamente la situazione delle prigioni del nostro Paese: ometterli è operazione mistificatoria. Ma il Dap queste cose non le dice e l’unica preoccupazione, per i solerti dirigenti ministeriali, è evidentemente quella di migliorare la vita dei detenuti in cella. I poliziotti possono continuare a prendere sberle e pugni, a salvare la vita a chi tenta il suicidio nel silenzio e nell’indifferenza dell’Amministrazione penitenziaria».

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