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Home » Terni e verde pubblico: «Tk-Ast sia mecenate»

Terni e verde pubblico: «Tk-Ast sia mecenate»

di Fabio Toni
8 Agosto 2015
in Ast, Attualità, In evidenza, Opinioni
Tempo di lettura: 3 minuti di lettura
Il parco Rosselli e l'Ast

Il parco Rosselli e l'Ast

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di Giuseppe Cassio – Amos Macinanti
Vice presidente Italia Nostra Terni – Presidente WWF Terni

La salvaguardia, la manutenzione, il recupero e l’ampliamento del patrimonio verde sono aspetti fondamentali in una città che presenta notevoli problematiche ambientali. Eppure nell’arco di almeno un decennio, non si contano i casi di degrado e di errata gestione di quello che dovrebbe essere il ‘capitale’ verde dei cittadini, il fiore all’occhiello di Terni, città ricordata nei secoli per essere una delle più rigogliose dell’Umbria.

Spiace constatare tuttora la difficoltà di mantenere il decoro e la pulizia nelle aree verdi della città, dai parchi storici (in cui persistono elementi di pregio e beni culturali lasciati in balia di se stessi) fino a quelli periferici (senza contare le aiuole, i ceppi degli alberi tagliati e i piccoli spazi che di ‘verde’ non hanno più nulla); in troppi casi il degrado – con il quale intendiamo anche la cura estetica delle potature, la tutela delle specie, la manutenzione degli arredi e non solo un semplice taglio d’erba – la fa da padrone e non staremo qui a segnalare quella che potremmo definire una ‘via crucis’ interminabile di situazioni-limite in cui il verde pubblico troppo spesso equivale a degrado – già perché la noncuranza del verde fa sì che questo si appropri persino di monumenti storici – e fenomeni di delinquenza. Sembra proprio che non ci sia il ‘pollice verde’ in questa città, che invece dovrebbe eccellere su tale argomento se non altro come fonti di refrigerio e di aggregazione sociale. Anche la cura del patrimonio arboreo cittadino e la piantumazione di nuovi alberi andrebbero fatte con più senno.

Adottare qualche aiuola o rotonda che sia di certo non basta; servono dei macro progetti virtuosi che puntino alla sostenibilità ambientale e all’incremento del benessere dei cittadini; dei progetti stesi da esperti del settore botanico attraverso i quali l’amministrazione pubblica si faccia valere laddove nessuno osa chiedere di più, ovvero nelle stanze che contano, della grande industria come la Thyssen Krupp. La multinazionale tedesca si distingue – altrove, non certo qui – per il forte impegno rivolto alla creazione di un ambiente più ecosostenibile e lo fa attraverso l’attività mecenatizia, nella consapevole certezza che, quanto più si opera a vantaggio della società civile, tanto più si ottengono vantaggi in termini di crescita sociale. Parafrasando: più si prende, più si dovrebbe dare. Se invece non si restituisce alcunché, siamo alla politica di rapina.

Terni, città profondamente ferita dal consumo del suolo e costantemente inquinata dai metalli pesanti, contrassegnata da una delle più grandi e ammorbanti discariche di scorie siderurgiche nazionali, deve attuare un partneriato nel segno della sostenibilità, attivando politiche opposte rispetto a quanto accaduto sinora: solo così potremmo cambiare congiuntamente rotta verso una credibile quanto nuova e feconda progettualità, sostenuta dal suo ‘orgoglio’ industriale.

E allora perché non sollecitare la grande industria alla definizione di un piano strategico volto a fare della città un esempio di green economy? Nessuno peraltro è autorizzato a pensare che possano esistere alternative rispetto alla trasformazione dei vecchi impianti in un’acciaieria di classe ‘A’; dall’altro, alla massima salvaguardia del verde cittadino e del decoro urbano.

Ogni anno Thyssen promuove o sostiene nel mondo progetti nel campo dell’istruzione, della ricerca, della cultura e molto altro. Terni, da vittima dell’egemonia industriale, potrebbe ricavare una fonte inesauribile di risorse, a cominciare dall’arredo urbano – in tal senso una città come la nostra non dovrebbe spendere un solo euro a cominciare da vasi, panchine, cestini etc. – per finire col verde pubblico, sinonimo di vivibilità e di politiche ambientali cui la multinazionale dell’acciaio – altrove, a partire da Duisburg – si fa paladina.

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