Assolto in primo grado dal tribunale di Roma – la sentenza con rito abbreviato è del 13 novembre dello scorso anno – e ora assolto anche dalla Corte d’assise d’appello di Roma. Non ci sono responsabilità, secondo i giudici che si sono sin qui espressi, da parte di Francesco Gnucci, 25enne di Amelia, per la morte della fidanzata Maria Chiara Previtali, tragicamente scomparsa all’etè di 18 anni nella notte fra il 9 e il 10 ottobre del 2020 ad Amelia.
La sentenza d’appello è stata emessa giovedì al termine di una camera di consiglio relativamente breve e dopo che le parti – la procura generale che aveva impugnato l’assoluzione in primo grado, le parti civili, ovvero i familiari della ragazza rappresentati dall’avvocato Manlio Morcella, e il legale difensore dello Gnucci, avvocato Francesca Carcascio – hanno espresso le proprie posizioni.
Procura generale e legale delle parti civili hanno chiesto, con più argomentazioni, che venisse riconosciuta la penale responsabilità del 25enne amerino, già indagato per omicidio preterintenzionale e per il quale, giovedì in aula, è stata chiesta una pena di quattro anni e tre mesi di reclusione.
Di contro la difesa ha sottolineato la corretta lettura della vicenda, sul piano giudiziario, già emersa con la sentenza di primo grado che aveva portato all’assoluzione dello Gnucci, accusato di aver fatto assumere alla fidanzata una dose di eroina acquistata a Roma, a Tor Bella Monaca, per festeggiare insieme il diciottesimo compleanno di Maria Chiara. E, una volta tornati ad Amelia, di aver favorito la successiva assunzione di cocaina e alcol che, uniti all’eroina, avevano causato la morte della ragazza durante la notte seguente per arresto cardiocircolatorio.
L’avvocato Morcella, nel commentare, parla di «sentenza di appello obiettivamente non prevista. Sentenza confermativa della decisione di primo grado assai discutibile, al punto che è stata appellata dall’ufficio di procura ed oggi molto criticata dal procuratore generale nella sua requisitoria. Attendiamo di leggere le motivazioni – aggiunge il legale della famiglia Previtali – ma anticipiamo sin d’ora, a motivazioni sconosciute, ogni iniziativa atta a consentire un verdetto della Cassazione, cui si dovrebbe pervenire. Su impulso della procura generale, che sarà nostro onere stimolare. Il nostro convincimento è esattamente opposto a quello maturato dai giudici del merito, in primo e secondo grado. E crediamo sia convincimento fondato giuridicamente, anche se al momento può apparire il contrario. Vedremo. Non è la prima volta che lo snodo di una vicenda processuale si risolva innanzi alla Suprema Corte, nella quale confidiamo assai. La partita non è affatto chiusa».
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