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Home » Terni Reti: «Pericoli da finanza derivata»

Terni Reti: «Pericoli da finanza derivata»

di Marco Torricelli
1 Marzo 2016
in Dal territorio, Economia, Opinioni, Politica, Terni
Tempo di lettura: 3 minuti di lettura
Enrico Melasecche

Enrico Melasecche

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di Enrico Melasecche
capogruppo di ‘I love Terni’

È di queste ore lo scandalo relativo alle amicalità ed al familismo che avrebbero caratterizzato lunghi anni di gestione della partecipata Terni Reti, grazie anche a nomine fatte proprio da questo sindaco.

Ma il problema di cui non si parla è, sotto certi aspetti, forse ancor più grave, per il riverbero che ha fin qui avuto, che sta avendo e che avrà direttamente sul bilancio del Comune di Terni, che intanto taglia i finanziamenti alle mense scolastiche, ma nasconde le travi che da anni portano a fondo il proprio bilancio.

Si tratta di un’operazione di finanza derivata posta in essere dalla società Terni Reti negli anni in cui era presidente/fac totum proprio colui che poi sarebbe stato beneficiato da una sequela immorale di favoritismi.

L’operazione impostata su un mutuo di oltre 30 milioni di euro fu contratta con la Banca delle Marche e consiste in una sorta di scommessa sull’andamento futuro dei tassi, per cui se questi avessero superato un certo livello o se fossero scesi sotto una soglia prestabilita Terni Reti avrebbe dovuto pagare alla banca ogni anno una somma proporzionata allo scostamento.

Si potrebbe comprendere la preoccupazione da parte di un forte debitore come Terni Reti per un possibile incremento dei tassi, ma che una società pubblica vada a scommettere contro l’abbassamento degli stessi è cosa che forse solo uno psicanalista è in grado di decifrare.

È infatti assurdo che ad ogni annuncio di riduzione dei tassi, invece di rallegrare il Presidente di Terni Reti, lo fa forse sussultare per il dissanguamento che quella operazione provoca nel bilancio di quella società e quindi del Comune. Accade infatti che il vantaggio derivante dall’abbattimento degli interessi in corso da anni, per un debitore strutturato come Terni Reti, viene annullato dagli esborsi che la soglia inferiore di quella operazione ‘collar’ sta producendo in danno della partecipata.

Il problema è che mentre le banche indovinano sempre e guadagnano fior di milioni, il cliente, troppo spesso sprovveduto, rimette cifre da capogiro. E questo è ciò che è avvenuto non solo con il Comune di Terni ma anche con la partecipata Terni Reti che ha fin qui pagato un fiume di danaro alla Banca delle Marche.

Possibile che i nostri sindaci, i nostri assessori, i nominati da questi nelle società partecipate non ne azzecchino una? Per anni ho insistito con una battaglia in solitaria sulle operazioni fatte dal Comune che ha sempre circondato con una cortina fumogena la supposta bontà di quelle stranezze rivelatesi poi una sorta di truffa. Lo stesso interesse alla trasparenza mi ha condotto a veder chiaro sulla analoga operazione sottoscritta in quegli anni dal presidente di Terni Reti e mai fin qui emersa sia per la mancanza di trasparenza che ha sempre circondato quella ed altre società partecipate dal Comune ma anche perché l’utile, facilmente prodotto in ragione della natura stessa di Terni Reti, anche se falcidiato dall’operazione di finanza derivata, serviva ad illudere la città che tutto andasse a gonfie vele.

Si scopre oggi che così non è. Non solo, è emerso che se Terni Reti volesse oggi chiudere quella operazione per bloccare questo flusso dovrebbe pagare il ‘mark to market’ una sorta di penale per i mancati futuri guadagni della banca. Il totale, fra somme già pagate e riscatto (o in alternativa gli esborsi futuri) supererebbe i 12 milioni di
euro. Non certo bruscolini.

Non si tratta quindi di qualche decina di migliaia di euro di consulenze date ad amici, a figli degli amici, a parenti degli amici, ma di vari milioni di euro fin qui pagati e di altrettanti da pagare nei prossimi anni, con una sottrazione di utili alle casse del Comune per una operazione fatta e difesa per anni senza che il sindaco, gli assessori incompetenti avessero alzato un dito su questa sorta di scommessa perdente.

Va detto che solo recentemente l’attuale Presidente di Terni Reti, dopo aver difeso per anni, a spada tratta, quella sorta di patto leonino, si è deciso, a causa dell’incalzare del sottoscritto, a far valutare quella operazione ad uno studio esterno per decidere se adire o meno le vie legali, come ha fatto poi il Comune, il cui giudizio pende davanti al Tribunale di Terni.

Un atto di indirizzo da me presentato l’1 febbraio, giacente all’odg del Consiglio Comunale, impegna il sindaco innanzitutto ad assumere su di sè le indifferibili operazioni di indagine e chiarimento, per informare il consiglio comunale e prendere i necessari provvedimenti a tutela degli interessi di tutti i ternani, non solo quelli dei suoi amici.

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