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Home » Terni: «Dissesto? Sciagura per la città»

Terni: «Dissesto? Sciagura per la città»

di Fabio Toni
3 Ottobre 2017
in Altre notizie, Attualità, Economia, Imprese, Lavoro, Politica
Tempo di lettura: 4 minuti di lettura
Gino Venturi e Marco Cotone (UIL)

Gino Venturi e Marco Cotone (UIL)

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«Non vogliamo né saremo la ‘stampella’ di nessuno e riteniamo che la situazione attuale abbia dei responsabili ben precisi, d’altronde per anni abbiamo, spesso da soli, segnalato i tanti problemi. Ma in questa fase bisogna salvare il salvabile ed evitare altre difficoltà ad una cittadinanza e ad un tessuto economico già messo in ginocchio dalla crisi. Per questo riteniamo che il dissesto economico finanziario del Comune di Terni vada evitato ad ogni costo e che l’amministrazione si renda disponibile a rivedere il piano di riequilibrio perché sia il più condiviso possibile. Di politico nella nostra azione non c’è nulla, solo la volontà di guardare in faccia la realtà e i problemi concreti».

La premessa di Gino Venturi e Marco Cotone, segretari rispettivamente della Uil di Terni e della Uil Fpl dell’Umbria, è questa. Il resto, a sostegno del discorso, è rappresentato dalla simulazione che il sindacato ha fatto per valutare gli effetti reali – «quelli automatici, inevitabili, previsti dalla legge» – dell’eventuale ‘crac’ dei conti del Comune di Terni.

La stima «La ‘non approvazione’ di un piano di riequilibrio pluriennale – spiega Venturi – comporta, per legge e in maniera automatica, l’aumento delle tasse comunali per cinque anni. E la nostra simulazione, confrontando le aliquote attuali e quelle post-dissesto finanziario, ci dice che i cittadini pagheranno, nel periodo preso in esame, 16 milioni e 818 mila euro in più di Imu e Tasi. Poi ci sono anche le conseguenze non certe, ma più che probabili, come l’aumento delle tariffe dei servizi. In tante occasioni ci si riempie la bocca anche con l’esigenza di una città che sia attrattiva anche per gli investitori, ma questo quadro fiscale non va certo nella direzione giusta».

La riflessione «Oltre i demagogici ‘tutti a casa’, che in questa fase a poco servono, bisogna guardare in faccia alla realtà. Serve – sostiene il segretario della Uil di Terni – uno sforzo complessivo per scongiurare il dissesto. Un piano di riequilibrio finanziario condiviso, sostenuto da tutti per il futuro della città e per non aggravare la situazione delle persone ‘in carne ed ossa’. Anche sul tema delle farmacie comunali, pur invitati a presentare ricorso contro la privatizzazione, abbiamo deciso di essere obiettivi. Condividiamo l’idea di una farmacia che sia pubblica ma, concretamente, non abbiamo ritenuto opportuno mettere in campo azioni che rischiano di danneggiare tutti. Questo pensiero non sempre è in linea con quello dei nostri tesserati, ed in Comune siamo il sindacato più rappresentativo, ma crediamo che, alla lunga, questa visione concreta delle cose paghi».

Lavoratori a rischio Dissesto – per il sindacato – equivale a blocco delle assunzioni – con mancati turnover anche per servizi, come la polizia locale, che richiedono ‘forze fresche’ per affrontare i problemi derivanti dalla sicurezza cittadina -, meno soldi, possibilità di carriera azzerate così come la contrattazione integrativa ed altro ancora. «La situazione del Comune di Terni, così come quella della Provincia, non può dirsi certo rosea – afferma Marco Cotone -. Ma bisogna mettere da parte slogan e populismi. Sicuramente ci sono delle responsabilità da parte di chi amministra ed ha amministrato il Comune. Ma dobbiamo guardare al concreto. Per fare un esempio, ci stiamo avvicinando al rinnovo del contratto collettivo nazionale dopo sette anni, ma per i dipendenti del Comune di Terni rischiano di non esserci le condizioni economiche e politiche per l’applicazione del nuovo accordo. Le dotazioni organiche rischiano poi di ridursi ancora con licenziamenti che, a fronte del dissesto, le norme purtroppo non escludono».

Maestre rispedite a casa E c’è chi ha già pagato sulla propria pelle la realtà dei conti ‘in rosso’ del Comune di Terni. È il caso delle circa 30 maestre ‘supplenti’ – così definite per via dei contratti a termine, anche se in diversi casi lavorano da oltre dieci anni per l’ente – che la scorsa estate non si sono viste rinnovare il contratto. A casa, senza neanche una parola né una spiegazione, perché il Comune – che ha anche temporaneamente ridotto la ‘capienza’ dei propri asili – non può sobbarcarsi ulteriori spese, con il pre dissesto pendente, oltre a quelle delle maestre già in organico a tempo indeterminato. Un ‘taglio’ «che, se il piano di riequilibrio dovesse passare – affermano – potrebbe essere scongiurato». In quel caso potrebbe scattare il rinnovo dei contratti, ma al momento le prospettive sono tutt’altro che rosee. Senza lavoro, «magari dopo aver insegnato per quindici anni negli asili comunali» e con tanti dubbi. Fra loro c’è anche chi, forte dei concorsi pubblici superati, ha presentato ricorso al Tar per ottenere la stabilizzazione. Ma la partita più grande riguarda tutte ed è quella del lavoro: «Per anni abbiamo operato con professionalità, spesso a sostegno dei bimbi in difficoltà. Aver tolto questo tipo di supporto crediamo rappresenti un peggioramento dei servizi resi dal Comune ai cittadini. E pensare, come qualcuno ha ipotizzato, di sostituirci con le cooperative, ci sembra un controsenso, oltre che un rischio. L’esempio di ciò che sta accadendo alle addette alle pulizie è eloquente».

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