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Home » «Zecca» «Fascista» Scontro Bori-Zaffini

«Zecca» «Fascista» Scontro Bori-Zaffini

di Redattore
29 Luglio 2019
in Apertura 5, Politica
Tempo di lettura: 4 minuti di lettura
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Mentre si svolgevano i funerali di Mario Cerciello Rega, il carabiniere ucciso a Roma, a Perugia, come nel resto d’Italia, si susseguivano post di offese reciproche fra i vari schieramenti politici sulla natura del gesto e sulla ben nota vicenda dell’attribuzione dell’omicidio in primis a due nordafricani (colpa di alcuni lanci di agenzia che a loro volta riprendevano delle informazioni da ambienti delle forze dell’ordine).

La gaffe di Latini a Terni

Tutto nasce da una vicenda ben nota: le card social che giravano su profili di esponenti di Lega e Fratelli d’Italia, fatte apposta per essere personalizzate e ricondivise, recavano un messaggio di condanna per l’omicidio evidenziando come gli autori fossero nordafricani. Non è una fake news voluta, visto che all’inizio si pensava lo fossero, ma sappiamo cosa c’è dietro: la retorica dell’invasione e l’uso politico che della paura del diverso fanno in questo periodo alcune forze politiche. È incappato nell’errore – più o meno volutamente – anche il sindaco di Terni Leonardo Latini e con lui l’assessore Valeria Alessandrini: non hanno usato le card ma scritto un post di proprio pugno.

Il post di Zaffini, poi rimosso

Ha usato la card invece il senatore Fdi Franco Zaffini, sempre con il solito riferimento ai nordafricani. In assoluta buona fede – va detto – come ha spiegato pure lui dopo aver rimosso il post: «Ho già risposto a tutti i sinistri, ma siccome un po’ stupidi (e qui le prime offese; ndr), ripeto che il post ha indicata l’ora, non specula né giudica, solo riferisce quello che a quell’ora battevano le agenzie ma soprattutto, anzi esclusivamente, denunciava la morte di un giovane carabiniere. State zitti e, se volete, dite una preghiera per quel povero e sfortunato ragazzo e per la sua famiglia. La mia bacheca è e resterà sempre aperta ma non ve ne approfittate»

Potere dello screenshot

Il post poi è stato rimosso, ma Tommaso Bori, ex consigliere Pd di Perugia, nel frattempo aveva ‘screenshottato’ (verbo ormai in uso alla politica da social) e condiviso, commentando: «Il problema non è la totale mancanza di senso delle istituzioni (e della decenza) di Franco Zaffini, Senatore della Repubblica Italiana eletto in Umbria con Fratelli d’Italia. Perché lui passerà senza lasciare traccia nella cronaca, figuriamoci nella storia. Il problema è altro, è aver accettato il livello di questi esponenti politici e il loro modo di fare propaganda in una campagna elettorale permanente fondata non sui contenuti, ma sull’odio e sulla manipolazione della realtà. Insomma il problema è sì quello che fa tutti i giorni gente come Zaffini, ma sopratutto il perché lo fa. Odiatori di professione (con un lauto stipendio pagato da noi)».

La replica di Zaffini

Non si è fatta attendere la replica di Zaffini, che con toni durissimi ha scritto: «Qualcuno ‘racconti’ a questo coglionazzo di chi sta parlando… con chi ha a che fare… qualcuno gli spieghi che mentre le ‘zecche‘ come lui scrivevano ACAB sui muri, o intitolavano sale a Giuliani (Carlo, il ragazzo morto al G8 di Genova del 2001, ndR) e i parlamentari comunisti abolivano il reato di vilipendio, io, Noi, stavamo, come staremo sempre, dalla parte dei servitori dello Stato in divisa e non dalla parte degli assassini di qualunque nazionalità! Tu Bori, che non ti è chiara la differenza tra vittima e carnefice, tu piccolo, inutile, starnazzante consigliere, ultimo dell’ultima opposizione superstite, gira alla larga e, prima di scrivere di Zaffini, lavati le mani che sono sporche!»

Il tentativo di conciliazione rispedito al mittente

C’è stato anche un tentativo di mediazione, sempre via social, da parte di Marco Regni che – spiega – per motivi diversi conosce e stima entrambi: «Voi siete molto meglio del contenuto espresso in questi ultimi due post reciproci». Regni invita i due a moderare i toni e magari a scusarsi. E posta il suo appello in particolare sulla pagina di Zaffini, che è fra i due quello ad aver usato i toni più aspri (eufemismo). E in generale l’appello a chi scrive pubblicamente sui social «a rendere più ecologico e umano il mondo social anche perché un tweet o un post cancellati sono per sempre». E per l’appunto…

Zaffini non chiede scusa: «Stia alla larga»

«Caro Marco – risponde Zaffini – in altre occasioni e soprattutto su altro argomento, avrei sorriso del post del tuo amico Bori, ma oggi io piango una giovane vita assassinata, un servitore della mia e della nostra incolumità per la quale ha sacrificato la sua incolumità. Travisare ad arte, mistificare, stravolgere il contenuto del mio post, che faceva riferimento a ben altro che alla nazionalità dell’assassino, equivale a schiaffeggiarmi. Le mie parole sono niente». E poi: «Gli dica di girare alla larga». Intervenuto pure l’onnipresente Simone Fabi, già collaboratore della giunta Romizi distintosi in passato per alcune sortite quantomeno discutibili in riferimento a fascismo e cose simili.

«Facile offendere, con l’immunità parlamentare»

Infine (ma solo per ora) la chiosa di Bori: «Mi sono sempre chiesto come suonasse un’intimidazione fascista, immagino più o meno come questa. Perché c’è tutto: l’arroganza di chi si ritiene intoccabile, la violenza verbale che sfocia nella minaccia fisica, l’insulto personale, la denigrazione gratuita e l’offesa infondata. Parole da denuncia: vergognose nei toni e nei contenuti, soprattutto per un Senatore della Repubblica. Ma non le usa a caso, perché lui sa bene di avere una cosa che tutti noi cittadini non abbiano. E decisamente non è l’educazione, ma l’immunità parlamentare».

Gli screenshot del botta e risposta

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