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Home » Terni, per i ristoranti più dubbi che certezze

Terni, per i ristoranti più dubbi che certezze

di Fabio Toni
14 Maggio 2020
in Apertura 5, Coronavirus, Economia, Imprese, In evidenza, Lavoro
Tempo di lettura: 3 minuti di lettura
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di Alice Tombesi

Al vaglio l’ipotesi di riapertura dei ristoranti a partire dal 18 maggio. Molti locali ternani, però, alla luce delle norme restrittive da seguire – per ultimo il protocollo Inail che impone uno spazio di 4 metri quadrati per ogni cliente – non sono certi che rialzare le saracinesche sia la soluzione migliore e definitiva: «Secondo loro ogni cliente dovrebbe stare a una distanza molto ampia, ma qualora si presentassero più di due persone? – si domanda la titolare dell’Osteria Garibaldi -. Non so fino a che punto le persone che potresti accogliere siano sufficienti per mandare avanti tutto. Vediamo come va giorno per giorno, adesso facciamo solo asporto e aspetterò fino a luglio per decidere se riaprire o meno».

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«Sfumati dieci anni di vita»

Una soluzione ventilata sarebbe quella di approfittare dello spazio esterno per sfruttare l’ampiezza del proprio locale a pieno ma, nel caso dell’Osteria Garibaldi come di altri ristoranti, a volte questa possibilità viene a mancare e l’unica prospettiva rimane quella di limitarsi al take away sperando in un aiuto economico più concreto: «Ho visto sfumare dieci anni di vita, investiti nel lavoro, così. Finora le normative non sono state risolutive».

«Si è creato un cortocircuito»

Quest’ultima è opinione diffusa nella categoria della ristorazione ternana e a seguirla è anche la titolare di Holy Food: «Non ho più i margini di prima. È chiaro che in questo momento anche solo assumere un’altra persona è un rischio. Ho percepito il bonus dei 600 euro e il mio affittuario è stato generoso ma non mi sento pronta a riaprire il 18 maggio: la mia attività ad oggi non riuscirebbe a rimanere aperta con le restrizioni che ci sono e in più, non essendoci disposizioni chiare, sarebbe un rischio anche per me come imprenditrice che, tra l’altro, dovrei diventare controllore del mio stesso locale. Secondo me potevamo aspettare un altro po’ per non avere questo cortocircuito tra istituzioni, regioni e associazioni di categoria» conclude la ragazza.

«Pronti a riaprire»

Mentre un velo di incertezza sul da farsi nei prossimi mesi cala su alcuni ristoratori ternani, altri sembrano aspettare solo direttive certe per riaprire i battenti: «Siamo pronti a ripartire, il nostro locale è ampio abbastanza per garantire il rispetto delle norme di sicurezza» afferma la titolare dell’antica Trattoria Friozzu. E non è la sola a pensarla così. Anche Federico Bianchini, gestore del Cicalino, sostiene: «Ho un locale su due piani di 350 metri quadri e potremmo mettere al pian terreno circa una trentina di clienti. Ma rimane il dubbio: i tavoli da quante persone dovranno essere? Una cosa è certa, dobbiamo capire quanto a lungo durerà questa fase. Nel frattempo aspettiamo notizie certe». Della stessa opinione è anche il Lilliput che probabilmente dalla prossima settimana riaprirà per il take away e, se qualche cliente volesse fermarsi, saranno disposti alla giusta distanza anche tavoli all’aperto: «Per ora punteremo comunque sull’asporto» afferma la titolare.

Confcommercio: «Troppe incognite»

Più pessimista invece Mirko Zitti, gestore del pub Livingstone e responsabile della Fipe (Federazione italiana pubblici esercizi) Confcommercio: «Le valutazioni da fare su una possibile riapertura dei locali sono tre: prima di tutto bisogna capire se i ristoranti nei centri storici, non solo città ma anche paesi, hanno le caratteristiche adeguate; bisogna capire se con la riduzione del 75% della clientela puoi sostenere l’avvio di un’attività e infine bisogna valutare il fattore psicologico del cliente: vale la pena di andare a cena in un posto dove posso togliere la mascherina solo mentre mangio?». Tante domande che, in un futuro non troppo distante, necessiteranno di risposte chiare e concrete, soprattutto a livello economico. Se così non sarà, l’ipotesi di una protesta in massa della categoria si farà realtà: «Se il protocollo dell’Inail dovesse passare – sostiene Zitti – ci sarà una rivoluzione da parte dei ristoratori e a quel punto lo Stato dovrà inevitabilmente venirci incontro. Per ora abbiamo percepito i 600 euro ma gli aiuti per l’affitto non sono arrivati e le spese amministrative (tasse locali, contributi) sono stati solo posticipati. Quello che chiediamo è di poter lavorare serenamente. Se ciò non fosse possibile, dovremo puntare ad una ristorazione economica per il danno subìto». Lo tsunami che sta travolgendo l’intero pianeta non è stato generato da nessuno, ma il ruolo dello Stato, in questo momento come mai prima, deve rimanere saldo e sicuro per chi, come la categoria dei ristoratori e molte altre, cerca un punto di appoggio mentre si è in balia delle onde.

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