di Federica Liberotti
Dalla banda di Avigliano Umbro all’Orchestra Giovanile Luigi Cherubini diretta da Riccardo Muti. Ci sono voluti anni di studio, costanza e una grande passione per la musica classica, ma Alessandro Beco, percussionista 30enne originario del piccolo comune del Ternano, può ora raccontare di essere arrivato a solcare i più importanti palcoscenici, non solo italiani, accanto al maestro, arrivato tra l’altro proprio pochi fa a festeggiare il traguardo degli 80 anni. Giovedì sera Alessandro si è esibito infatti sotto la sua direzione al Quirinale, per il concerto organizzato in occasione del G20 Cultura, alla presenza tra gli altri del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, del premier Draghi e del ministro Franceschini.
L’esperienza «surreale» con il presidente
Non era la prima volta, in realtà, che Alessandro si trovava di fronte ad un parterre istituzionale di tale calibro. Con in tasca una laurea specialistica in percussioni ottenuta con 110 e lode al Conservatorio di Parma (dopo il triennio al Briccialdi di Terni), e poi un altro biennio in musica da camera concluso sempre all’istituto Arrigo Boito, Beco ha ben presto accumulato varie esperienze lavorative e formative con orchestre del centro Italia, entrando a far parte nel 2018 dell’Orchestra Cherubini come ‘aggiunto’. Con la stessa formazione aveva suonato sempre con Muti al Senato per il concerto di Natale 2019, e nell’ottobre 2020 una prima volta al Quirinale. «Essere a casa del presidente è quasi surreale – racconta direttamente Alessandro -, per di più farlo con uno dei più grandi direttori viventi della storia. Un colosso».
«Muti il migliore»
«Il maestro – spiega – è semplicemente il più bravo. Se c’è anche la minima sbavatura lui la sente e ti dà consigli per migliorare. E poi ha una cultura immensa, mentre parla del più e del meno è capace di fare una citazione di Dante. È ad un altro livello, superiore per il suo modo di fare, di conoscere e di dirigere. Sembra una persona che incute timore, effettivamente con uno sguardo ti può fulminare, ma se i brani funzionano è estremamente amorevole verso tutta l’orchestra». In questo anno e mezzo funestato dalla pandemia Alessandro ha avuto l’opportunità di essere spesso accanto a Muti, visto che il maestro, direttore della Chicago Symphony Orchestra, è rimasto più tempo in Italia e si è potuto dedicare maggiormente all’Orchestra Cherubini, da lui fondata nel 2004 per radunare i giovani talenti italiani. Con Muti, Beco è stato recentemente, ad esempio, in Armenia per i concerti delle ‘Vie dell’amicizia’ e partecipato ad alcune tappe della tournée italiana della stessa orchestra. Ora si prepara invece a concludere il ciclo dei concerti danteschi tra Ravenna, Firenze e Verona.
«Non semplice suonare in Italia e Umbria»
Alessandro ne ha fatta dunque di strada da quando ha mosso i primi passi nella musica ad Avigliano Umbro. «In casa non ci sono musicisti – dice -, ma i miei genitori, Piera e Giuseppe, hanno tenuto che sia io che le mie sorelle Veronica e Beatrice avessimo un’infarinatura musicale. Così ci hanno iscritto tutti e tre alla scuola di musica del paese. Le mie sorelle hanno preso altre strade, io invece ho proseguito. Al Briccialdi ho studiato al triennio con i professori Gianluca Saveri e Pasquale Bardaro, poi dopo un master annuale al conservatorio di Parma, ho deciso di proseguire lì il mio percorso di studi con il docente Danilo Grassi. Un percorso infinito, anche dopo la laurea, perché senza lo studio e la pratica non riesci a fare il tuo lavoro». Lavoro non sempre facile in Italia. «È la patria della musica – continua Beco -, ma paradossalmente non è il Paese più avanti nel proporre la cultura musicale. Basti pensare che Roma ha solo due orchestre stabili, contro le 10 di Berlino. Muti si sta spendendo molto negli appelli alla formazione di nuove. Quanto all’Umbria, ho suonato per la Sagra Musicale Umbra, qualche volta ho anche lavorato con i Tetraktis percussioni, una formazione di soli percussionisti. Quando posso ‘scendo’ dalla mia famiglia, la mia speranza è di poter lavorare il più vicino possibile a casa. Ma l’Emilia Romagna – conclude – per ora è molto più viva».
