«La sanità nel Ternano è ad un punto di non ritorno»: quattordici associazioni all’attacco

Terni – Hanno sottoscritto un manifesto per «richiamare il ruolo di programmazione della Regione»

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di Fra.Tor.

«Un forte allarme sul progressivo degrado dei servizi assistenziali che dovrebbero essere garantiti ai cittadini da parte della Usl Umbria 2 e dall’azienda ospedaliera di Terni: degrado causato da errori, inadempienze ed omissioni della Regione Umbria che, sulla sanità, ha dirette responsabilità di governo e di gestione». Martedì mattina è stato presentato il manifesto sulle criticità e prospettive della sanità territoriale sottoscritto da 14 associazioni: Cittadini liberi, Pensare il domani, Terni valley, associazione La Pagina Interamnopolis, pagina Facebook ‘Salute e partecipazione’, Aumiat (Associazione umbra malattie della tiroide, Tribunale diritti del malato, Acli, associazione Claudio Conti, Arci, Cittadinanza attiva, associazione Aladino, TerniDonne.

I servizi, le prestazioni e il declassamento

«I cittadini non stanno più trovando risposta ai bisogni più elementari di salute – evidenziano le associazioni – come un ricovero ospedaliero, una prestazione ambulatoriale, la gestione di una disabilità o di una malattia cronica, tanto meno servizi adeguati per la prevenzione. Le lunghe ed umilianti attese al pronto soccorso, le liste d’attesa intollerabili e pericolose nei servizi diagnostici e nelle liste operatorie, la fragilità dei servizi di medicina territoriale, drammaticamente evidenziata dalla pandemia, la insufficiente qualità delle prestazioni di cura prodotta dalle crescenti carenze organizzative, gli squilibri nelle dotazioni di personale dirigente all’azienda ospedaliera di Terni, dove mancano ben 10 primari, sono arrivati ad un livello di insostenibilità per la popolazione. Tutto ciò nonostante l’abnegazione del personale che è stato, con il Covid ed è tuttora, sottoposto a livelli di stress lavorativo mai visti in precedenza. La misura è ormai colma e questa deriva generale, che in regione tocca il suo massimo proprio nella provincia di Terni, va fermata, con una scelta netta di rilancio del servizio sanitario pubblico, le cui carenze non possono essere colmate da iniziative di privatizzazione». All’interno dell’azienda ospedaliera «esiste attualmente un indubbio problema di management, tanto che lo stesso consiglio comunale di Terni ha denunciato gravissimi disservizi, chiedendo l’allontanamento del vertice dell’azienda ospedaliera, poi ottenuto. Le carenza nella dotazione organica nelle figure apicali si protrae da tempo, ed è prova evidente che esiste una subdola volontà di depotenziare il Santa Maria di Terni. Il declassamento dell’ospedale ternano è dimostrato dal suo incredibile arretramento, in pochi anni, dai primi 10 in Italia, nella classificazione nazionale di Agenas (Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali) anno 2012, sulla base del Piano nazionale di valutazione qualità, ad oltre il centesimo secondo un recente studio pubblicato da Newsweek.

Protocollo d’intesa e Università di Perugia

Su questa linea di penalizzazione della sanità ternana, aggravandola, si muove, anche, il Protocollo d’intesa fra Regione ed Università di Perugia che vorrebbe l’istituzione di un’azienda ospedaliera universitaria e la contestuale soppressione dell’azienda ospedaliera ad alta specialità. Questo percorso si caratterizza come altamente a rischio, per un forte sbilanciamento della governance a favore della componente universitaria e per la conseguente carenza di forme di controllo democratico. Tale Protocollo prevede l’accollo alla finanza regionale di tutte le perdite finanziarie dell’azienda ospedaliera universitaria, anche di quelle prodotte da decisioni gestionali adottate in via esclusiva dalla parte universitaria, mentre le assicura la partecipazione agli utili di gestione. In un periodo come questo, in cui la sanità regionale stenta a raggiungere un pareggio di bilancio non è accettabile che il costo di scelte gestionali errate della componente accademica vadano a ricadere sui contribuenti umbri. L’Università è un’istituzione governativa e non si comprende perché i suoi debiti eventuali debbano ricadere su una comunità regionale. Tali pesanti criticità del Protocollo siglato dalle due parti, appaiono, per tali ragioni in contrasto anche con le norme nazionali d’indirizzo, per la costituzione di aziende ospedaliere universitarie». Tra le varie condizioni penalizzanti, aggiungono, «la sanità ternana potrebbe risultare ulteriormente danneggiata dalla trasformazione irreversibile, non essendo prevista alcuna fase di gestione sperimentale, dell’azienda attuale in una azienda universitaria ospedaliera, dai profili del tutto opachi e dagli esili incerti. Sulla base dell’attuale, inaccettabile, Protocollo, è sufficiente una lettera di disdetta, di una delle parti contraenti con preavviso di 12 mesi, per perdere anche lo status di azienda ospedaliera universitaria e tornare allo stato di ospedale di territorio, con la perdita dell’autonomia aziendale». Secondo le associazioni, pertanto, «è preferibile la conferma ed il miglioramento dell’attuale azienda ospedaliera di alta specialità e sede di dipartimento di emergenza di secondo livello, convenzionata con l’Università di Perugia. La città di Terni ha sempre creduto ed investito risorse proprie nel rapporto proficuo con l’Università, a partire dalla costruzione della sede della facoltà di Medicina, presso il compendio ospedaliero e, nell’interesse della cittadinanza, si attende un equilibrio nel rapporto con l’Ateneo di Perugia».

La politiche sanitarie regionali

Alla luce di tutto ciò le associazioni intendono, con altri soggetti, «rilanciare una forte mobilitazione sul futuro del Santa Maria di Terni che costituisce baluardo insostituibile del welfare dell’Umbria meridionale e va dunque riportata ai suoi standard operativi storici e messa maggiormente in rete con le strutture del territorio da potenziare ed implementare. La sanità ternana e l’azienda ospedaliera in particolare hanno sofferto di una fortissima sperequazione storica, nei finanziamenti gestionali e negli investimenti, in strutture ed attrezzature, fra area perugina e ternana e non ci sono segnali di una volontà regionale per il riequilibrio. Questo dato è ulteriormente rafforzato dalla condotta tenuta dalla Regione per il rifacimento ex novo dell’ospedale di Terni, che scaturisce da una proposta di imprenditori privati e non da una esplicita volontà politica regionale, tanto che nel Piano sanitario 2022-2026 il progetto non risulta menzionato tra gli investimenti. Tale percorso finanziario produrrebbe un rilevantissimo indebitamento a carico del bilancio dell’azienda ospedaliera ternana, con la rinuncia incomprensibile alle risorse statali a fondo perduto». Le associazioni chiedono, «su questo punto cruciale, una chiara assunzione di responsabilità da parte della giunta regionale, per dare concretezza e sostenibilità alla costruzione di un nuovo ospedale a Terni, posto a servizio dell’Umbria sud. I finanziamenti straordinari del Pnrr, destinati all’adeguamento funzionale delle strutture esistenti ed alla introduzione delle innovazioni tecnologiche, costituiscono, perciò, una opportunità unica per intervenire sulla struttura ospedaliera attuale, in attesa che, un rigoroso studio costi-benefici sciolga il nodo della localizzazione, delle caratteristiche di prestazione e delle modalità di finanziamento sostenibile del nuovo ospedale, posto a servizio dell’Umbria sud. L’elaborazione e gestione delle politiche sanitarie regionali, deve recuperare, tramite l’apertura ad una reale partecipazione, anche tramite le conferenze dei servizi, da tempo non più convocate, il ruolo attivo dei cittadini che sono i veri ‘azionisti’ del servizio sanitario regionale, ed i tutori del diritto costituzionale alla salute».


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