di S.F.
«Il contrasto tra chi non vede il problema e chi lo vede, crea un ‘conflitto di interesse’ che non aiuta molto l’attività di cattura. E la componente della vegetazione fuori controllo rende particolarmente ospitale l’ambiente per la specie». Lo ha detto martedì mattina – II commissione consiliare – Claudio Carletti, il commissario dell’ambito territoriale di caccia di Terni-Orvieto: è lui ad aver dato delucidazioni in seguito all’atto di indirizzo sull’emergenza pericolo cinghiali presentato dal consigliere del Gruppo Misto Danilo Primieri. C’è ancora molto da fare.

Carletti ha esposto per oltre trenta minuti – in più riprese – sull’attività svolta dall’Atc per il controllo dei cinghiali nel territorio dal mese di aprile ad ottobre. Con impiego di otto operatori cacciatori-volontari abilitati e quattro trappole di cattura (due chiusini fissi e due mobili spostate in varie aree). Dove? Strada del Cerqueto, Santa Maria la Rocca, San Clemente, Gioglio, Palmetta, Rosaro, San Fortunato e Cederna, a ridosso dei vigili del fuoco. Cosa ha portato il trappolamento in questi mesi? «Sono stati catturati 82 capi, da cuccioli (da 1 a 4 mesi) ad adulti sopra l’anno di età. Di questi, 37 erano maschi e 45 femmine». In generale invece ne sono stati rimossi 315 tra il 2024 e 2025, in questo caso considerando anche l’attività venatoria (170 cinghiali) e quelli presi con il sistema di abbattimento (spari, 63 in tutto).
Non mancano le problematiche: «L’attività – ha proseguito Carletti – è stata svolta con l’ok dei proprietari per l’accesso ai fondi, seppur non tutti siano favorevoli al controllo. C’è chi non vede di buon occhio questo lavoro verso la fauna». I nodi, alla fin fine, restano sempre gli stessi: «I cinghiali si muovono in queste zone perché hanno tranquillità e non sono disturbati. Bisogna agire sulla vegetazione e controllarla sistematicamente per rendere l’habitat meno ospitale. Due anni fa fu rimosso il canneto allo scalo ferroviario: per qualche mese è stato ‘libero’, poi è ricresciuto e gli animali sono tornati. Inoltre c’è cibo sparso e ciò confligge con gli obiettivi posti». Da qui nasce l’input: «Installare cassonetti anti-intrusione per i rifiuti».
La certezza è che la presenza dei cinghiali non può essere del tutto rimossa: «Si può controllare la presenza, ma la totale rimozione è molto difficile da raggiungere. Fattibile invece avere un livello di sopportazione adeguato. E la popolazione in merito – le parole di Carletti – ha opinioni diverse. E per questo non sempre troviamo il fronte libero». A chiedere lumi sul tema sono stati Alessandra Salinetti, Sandro Trequattrini e Maria Elena Gambini (AP): da parte loro focus sulla possibilità di utilizzo degli ultrasuoni e la peste suina.

«Ultrasuoni? La prima difficoltà è l’impiego di strumenti precisi perché si può coinvolgere anche la fauna domestica, ma può avere la sua efficacia». Poi Carletti ha tirato in ballo anche la Regione: «Da luglio 2024 ha fatto un piano regionale di interventi urgenti per arginare in primis un problema che potrebbero rappresentare i cinghiali, la peste suina. Con obiettivi numerici: 20 mila capi da prelevare su tutto il territorio, 10 mila con caccia di selezione e altri 10 mila con il controllo. In Umbria ci sono molti più cinghiali rispetto a quanto il territorio può sopportare».
Un Carletti senza freni in commissione tra informazioni e possibili soluzioni future: «Magari si potrebbero sviluppare barriere fisiche per far sì che i cinghiali si spostino su passaggi preferenziali. Fuori discussione però che la vegetazione incontrollata è un’attrazione incredibile per questa specie. L’aver prelevato 82 esemplari su area urbana è un buon risultato, ma altri 30-50 ne continuano a girare in quell’area». Poi ulteriori domande di Gambini e Trequattrini per capire se, effettivamente, si può parlare di emergenza cinghiali. Con richiesta di altre delucidazioni sui numeri citati per il piano regionale.
«Ci sono difficoltà per la caccia di selezione (10 mila capi) e l’attività di controllo (10 mila) rispetto alle cifire citate, siamo molto al di sotto delle aspettative. La pericolosità a Terni? Sono animali di media-grossa taglia e indubbiamente la presenza può essere ostile nei confronti dell’uomo. Opportuno fare tutto il possibile per far sì che i cinghiali non siano nelle aree a parco». Infine un cenno alla selvaggina. Motivo?
Per il 2025 – ha concluso Carletti – la Regione ha fatto un piano per la filiera della selvaggina e tutti gli animali provenienti dall’attività di controllo (compreso l’ambito urbano) andranno in un centro di lavorazione carni che sarà individuato. In questo momento i servizi sanitari regionali hanno bypassato una regola nazionale ed europea, gli animali vengono consegnati per autoconsumo. Questa cosa sta terminando e dovremmo passare dall’autoconsumo al centro di lavorazione carni. Non è semplice, perché dovranno transitare prima in un punto di sosta e raccolta». Il commissario Atc Terni, che è un funzionario del servizio faunistica e venatoria della Regione, ha infine ricordato che in Umbria, al momento, non si sono registrati casi di peste suina nei capi controllati.