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Home » Terni, Atc3 vs squadra di caccia al cinghiale: il Consiglio di Stato chiude la partita

Terni, Atc3 vs squadra di caccia al cinghiale: il Consiglio di Stato chiude la partita

Niente da fare per l'Ambito territoriale di caccia: la spunta il gruppo delle ‘Macchie Aquile Tucano’

di Simone Francioli
7 Febbraio 2025
in Dal territorio
Tempo di lettura: 2 minuti di lettura
Foto archivio

Foto archivio

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di S.F.

Ambito territoriale di caccia 3 Ternano-Orvietano contro la squadra di caccia al cinghiale ‘Macchie Aquile Tucano’, chiusa definitivamente la partita. Che va a favore dei componenti di quest’ultima: il Consiglio di Stato – sezione VI, presidente Carmine Volpe – ha respinto l’appello dell’Atc3 in seguito ad una curiosa vicenda sviluppatasi dal 2019.

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L’Atc si è mosso in Consiglio di Stato per tentare di riformare la sentenza del Tar Umbria del 2022. Oggetto del contendere? Nel febbraio 2020 furono impugnate due determine dell’Ambito territoriale di caccia, con le quali fu disposta la sospensione dell’autorizzazione all’esercizio alla squadra ‘Macchie Aquila Tucano’ – che ha chiesto anche il risarcimento per il fatto accaduto – per alcuni periodi tra dicembre 2019 e inizio 2020. Motivo? Necessità di «prendere i provvedimenti al fine di riportare lo svolgimento dell’attività venatoria in condizioni di serenità e sicurezza». Il Tar sentenziò dichiarando l’improcedibilità del ricorso per l’annullamento (perché fu proposto quando gli atti avevano perso efficacia) e, al contempo, accogliendolo per la domanda risarcitoria «previo accertamento della illegittimità degli atti impugnati».

Il Consiglio di Stato ricorda che il regolamento regionale prevede «il potere di sospensione di una squadra, da parte del comitato di gestione di un ambito territoriale di caccia, in alcune circostanze puntualmente individuate dalla norma: tra esse anche la violazione delle norme di sicurezza previste dal regolamento stesso». Il problema? «Né nella diffida, né negli atti di sospensione risultano contestate inosservanze delle norme di sicurezza previste dal regolamento regionale n. 34/1999 che, ai sensi dell’articolo 13, siano suscettibili di determinare la sospensione dell’autorizzazione».

L’Atc ha impugnato l’esito del I grado tirando anche in ballo un accertamento dei carabinieri del 23 novembre 2019, «in occasione del quale era stato contestato ad alcuni membri della squadra di aver trasportato un fucile in auto, scarico ma non riposto nella custodia, violando il tal modo le norme di sicurezza. Secondo l’appellante tale accertamento doveva ritenersi conosciuto da tutta la squadra, e quindi il richiamo di esso nel primo dei provvedimenti di sospensione integrava motivazione per relationem». Con successiva diffida Atc.

Tra le motivazioni, i giudici amministrativi del Consiglio di Stato spiegano che «non pare esservi alcuna correlazione tra quanto segnalato dai carabinieri e la diffida del 27 novembre, trattandosi di accadimenti che sembrerebbero occorsi in località diverse (La Cavallerizza e Santa Caterina), il che spiega la ragione per cui nella diffida del 27 novembre non si fa il minimo cenno alla sanzione elevata a carico di uno dei membri della squadra. La assoluta genericità di quanto si riferisce nella diffida del 27 novembre 2019 impedisce di ritenere che essa abbia ad oggetto una qualsiasi violazione, non comprendendosi assolutamente a cosa si riferisca e quali comportamenti la squadra avrebbe dovuto implementare». Niente accoglimento e condanna al pagamento a carico di Atc da 3 mila euro per le spese relative al giudizio. Gli avvocati che hanno seguito la vicenda sono Luca Bene (Ambito territoriale di caccia Ternano-Orvietano), Antonio De Angelis e Francesca Carcascio (per i componenti di ‘Macchie Aquila Tucano’). 

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