Il suicidio, in carcere a Terni, di un detenuto ternano, oltre a colpire la comunità, ha portato a discussioni e polemiche. Incentrate anche sulla comunicazione che il sindaco Stefano Bandecchi e l’assessore al welfare Viviana Altamura hanno inviato nelle scorse settimane a Regione/Usl2 per sollecitare una soluzione per il detenuto che si è poi tragicamente suicidato. Di seguito le parole del sindaco Bandecchi, lunedì mattina in consiglio comunale.
SUICIDIO E SALUTE IN CARCERE: INTERVENTO DEL SINDACO STEFANO BANDECCHI
A Bandecchi – senza tuttavia citarlo – replicano due consiglieri regionali, Maria Grazia Proietti per il Pd e Luca Simonetti per il M5s. «Il recente suicidio avvenuto nel carcere di Terni – affermano in premessa – non è solo una tragedia personale, ma il sintomo doloroso di una crisi più ampia, che interroga tutto il sistema di cura e di assistenza. Non si tratta soltanto della condizione di chi è ristretto in un istituto penitenziario: la doppia diagnosi, ovvero la compresenza di disturbi psichiatrici e dipendenze da sostanze, è una realtà che si estende ben oltre le mura del carcere e che tocca sempre più giovani e adulti, spesso nel silenzio, spesso senza possibilità di ricevere un supporto adeguato. Una doppia diagnosi non è una somma di problemi, ma una condizione che richiede un intervento integrato, continuativo, umano. Quando poi si finisce in carcere, la situazione si aggrava facilmente: le dipendenze attive toccano quasi un detenuto su tre, e le doppie diagnosi sono tra le situazioni più difficili da trattare, anche per la carenza cronica di strutture intermedie e alternative alla detenzione».

«Proprio per questo – proseguono Proietti e Simonetti – l’impegno quotidiano di chi è accanto ai detenuti, operatori penitenziari, agenti, educatori, il personale sanitario che ogni giorno si trova a gestire situazioni cariche di dolore, tensione, solitudine, merita non solo attenzione ma tutela, supporto e formazione, perché è parte essenziale della rete di cura. È inaccettabile che la politica si ricordi di loro solo quando c’è da individuare un colpevole dopo una tragedia. Chi strumentalizza questi eventi per fini politici non fa onore né alle istituzioni, né a chi lotta ogni giorno in prima linea. La politica deve fare la sua parte e non giocare irresponsabilmente a uno scaricabarile di misera propaganda quotidiana. È fondamentale – aggiungono i due consiglieri regionali di Pd e M5s – che tutte le istituzioni si assumano la responsabilità di ricostruire una rete reale tra sanità, giustizia, servizi sociali, enti locali. Per troppo tempo i servizi territoriali hanno operato con competenza e abnegazione, ma spesso senza il supporto concreto e continuativo delle istituzioni. Oggi è necessario invertire questa tendenza, ascoltare gli operatori, rafforzare il coordinamento, investire in risorse e strutture, e soprattutto mettere al centro la persona, non il suo errore».

«Non possiamo più permettere – concludono Maria Grazia Proietti e Luca Simonetti – che siano le falle normative o la mancanza di soluzioni abitative protette a ostacolare percorsi di cura e di reinserimento. Ribadiamo la necessità di doverose modifiche alla legge regionale 23/2003 sull’edilizia residenziale sociale. È tempo che anche la legge riconosca che, in alcuni casi, il diritto a una casa dignitosa non è un premio, ma una condizione essenziale per la salute e per il ritorno a una vita autonoma. Ribadiamo il nostro impegno per un modello di società che unisca giustizia sociale, prevenzione e dignità. Vogliamo restituire centralità alla salute mentale, clamorosamente dimenticata nell’ultimo progetto di Piano sanitario regionale, integrando i servizi e rafforzando il welfare territoriale. È solo così che potremo evitare nuove tragedie. È solo così che potremo restituire senso alle parole cura, prossimità e responsabilità».