di Gianni Giardinieri
Salvezze a Taranto e a Nocera Inferiore, prima ancora la cavalcata con il Gallipoli dall’Eccellenza alla serie B. Con la Ternana nel cuore. Simboleggiato dall’emoticon di risposta alla richiesta di intervista. Questo il sentimento che ancora prova Danilo Pagni nei confronti delle Fere, di cui è stato direttore sportivo in due annate opposte in termini di risultati. La prima, la 2016/2017, con la memorabile salvezza in serie B (in panchina l’attuale tecnico rossoverde Fabio Liverani) e la seconda (2018/2019), dopo la retrocessione al primo anno della gestione Unicusano, con la risoluzione consensuale tra le parti («la chiesi a Bandecchi ad ottobre e lui, che è uomo di parola, mi disse di aspettare un po’») a cavallo del Natale a seguito di una classifica che da difficile si trasformò in tragica, con la salvezza (ad un passo dalla serie D) raggiunta solo alla penultima di campionato. In mezzo un anno al Milan, a cercare giovani talenti («Haaland era in Championship, la serie B inglese, e volevo portarlo in rossonero, poi la società cambiò proprietà e non se ne fece niente»).
Ovvio partire dalla delusione della finale persa con il Pescara: «La Ternana non ha mancato all’appuntamento di arrivare in finale. Complessivamente meritava la vittoria. Con più ‘arte’ e scaltrezza avrebbe potuto benissimo portarla a casa. Certo per come è andata è un risultato che farà ‘casistica’». Qualche dubbio sulla sequenza dei rigoristi? «Non mi sento di dare giudizi. Certe cose vanno annusate sul posto, quando sei lì». Un peccato però, perché quest’anno la proprietà ha dovuto sostenere costi per quasi 1 milione di euro al mese. «A questa società non si può imputare niente. La Ternana è una squadra forte e strutturata. Nei play off sono venuti meno giocatori importanti, come Cicerelli che in questa fase finale non ha fatto la differenza. In questo senso mi ha sorpreso in negativo. L’alternanza tra Cianci e Ferrante invece si è rivelata positiva. Tra i giovani mi è piaciuto Donati e sono anche contento del recupero di Damiani, che ho avuto a Viterbo, insieme a Zerbin».
Ci racconta le sue due esperienze a Terni? «Molti giocatori della Ternana di Lucarelli sono stati scelti da me e in questa società ho portato gente come Pobega, Rivas, Gagno, Bifulco e Giraudo. Avevo un budget medio-alto ma posso vantare un record ancora imbattuto: da direttore sportivo delle Fere ho fatto 19 cessioni, tutte senza scambi, qualcuna con mini incentivo all’esodo. Con una plusvalenza complessiva di oltre 1 milione di euro». Rammarichi nella tua esperienza in rossoverde? «Uno: non potei tesserare M’Bala Nzola (oggi al Lens, in prestito dalla Fiorentina, ndR) per capricci ed egoismi personali. Ma non dirò di chi». Il giocatore più forte con cui ti sei rapportato? «A parte Halaand direi Ciro Immobile. Cercai senza successo di portarlo alla Juventus quando militava nel Sorrento, poi ci sono riusciti altri». Come si costruisce una squadra vincente? «Le risorse economiche sono importanti, ma occorre inserire qualche giovane. Fare un mix di esperienza e freschezza atletica. Certezze e scommesse, ma anche qualche idee, che contano molto. Auspico alla Ternana e alla piazza di Terni di ricompattarsi tutti insieme per l’obiettivo comune, che naturalmente è la serie B. Con Liverani ci sentiamo raramente ma lo chiamerò in questi giorni». E Il tuo futuro? «Ho qualche colloquio in corso, ma ho deciso da tempo di non andare ovunque».