di Alessandro De Maria
Barbie è un film che promette molto ma fallisce ad ogni angolo, fino a diventare tossico. Mi scuso per la lunghezza dell’articolo ma i temi da trattare sono davvero molti. Attenzione: qui la trama viene discussa per intero, quindi spoiler!
Il film inizia già con note preoccupanti: un gruppo di bambine giocano a fare le mamme accudendo delle bambole a forma di neonato perché, ci ricorda la voce narrante, prima di Barbie esisteva solo quel tipo di bambole. Poi in una parodia di 2001 Odissea nello spazio appare Barbie, biondo monolito giunto a destare le bimbe ‘dall’indottrinamento’ (questo è il messaggio tra le righe) dell’istinto materno. E cosa fanno le bambine? Prendono i piccoli paffuti fantocci a forma di bebé e li fracassano per terra distruggendoli in mille pezzi! Una scena grottesca che segna il primo attacco alla maternità.
Poi il film procede dicendoci che Barbie è tutte le donne e tutte le donne sono Barbie perché lei ha la sua macchina, casa e carriera e se Barbie può essere qualsiasi cosa, le donne possono essere qualsiasi cosa (una logica tutta particolare). Le Barbie vivono in un posto speciale, ‘Barbie-land’, e sono state create per far sapere alle donne che possono raggiungere tutti gli obiettivi se si impegnano. Questa schiera di bambole vive la propria vita credendo che grazie al loro esempio e alla loro ispirazione la parità sia stata raggiunta, ‘per lo meno è quello che pensano le Barbie’ ci racconta la voce narrante.
In questo universo le Barbie fanno tutto. Una lunga carrellata ce le presenta come dottori, avvocati, spazzini, astronauti, vincitrici di premi Nobel, arringatrici (quest’ultima variante si vanta anche di come sia brava a gestire sentimenti e logica allo stesso tempo: si continua con il grottesco). Ci sono anche una Barbie in sedia a rotelle a una Barbie transgender e poi c’è Midge, l’amica incinta di Barbie che viene inquadrata per un attimo prima che la voce narrante dica ‘sorvoliamo su Midge che è stata messa fuori produzione perché una bambola incinta è davvero troppo strana’, continuando sulla linea dell’attacco alla maternità.
Di strano in Barbie-land c’è la totale mancanza del senso di competenza: le Barbie sono medici, avvocati etc. perché sono state create così. Ci sono scuole per le piccole Barbie? Come sono arrivate lì? Questo è chiaramente un mondo che rappresenta il gioco delle bambine e quindi non è necessario spiegarlo ma questa considerazione avrà implicazioni importanti dopo, quando ci si confronterà con il mondo reale, un mondo dove la competenza verrà richiesta e di cui i due protagonisti sono privi. Infatti la Barbie interpretata da Margot Robbie è quella definita ‘generica’, cioè senza accessori relativi alla professione.
A questo punto ci viene introdotto Ken, sottolineando come Barbie abbia sempre una buona giornata invece lui può avere una buona giornata solo se lei lo degna di uno sguardo. Unico scopo della sua esistenza è riuscire ad essere preso in considerazione da Barbie. Punto. Anche se nella prospettiva di un gioco creato per ragazze ha il suo senso, vedremo poi come anche questo avrà il suo peso nel confronto con il mondo reale nella ricerca dell’identità di Ken. Qualche commentatore si è spinto a dire che Ken rispecchia la condizione della donna negli anni ’50 ma trovo la cosa improbabile, anche se avrebbe offerto interessanti spunti di riflessione. Piuttosto, per l’evoluzione del film questa dinamica sembra più mettere le basi per la genesi di Ken incel, il Ken insicuro, rifiutato e vendicativo verso le donne. Tanto per essere più precisi i Ken non hanno casa, auto, ne possiedono nulla. Nessuno sa dove dormano o come sopravvivano…
Da questo momento in poi userò la lettera B per Barbie e K per Ken quando indico i protagonisti. Si passa poi ad una party nella ‘casa dei sogni’ di B dove la vita erfetta della protagonista inizia ad incrinarsi grazie all’intrusione di un pensiero sulla condizione della mortalità umana. A festa finita B rifiuta nuovamente le avences di K in malo modo e va a divertirsi con le altre bambole. Il giorno dopo tutto cambia. La routine non è più così perfetta, qualcosa è cambiato: cosa? Tramite l’intervento sciamanico di ‘Barbie Stramba’, interpretata dalla McKinnon, si scopre che si è creato un legame tra B e la persona che al momento sta giocando con lei nel mondo reale e attraverso questo legame i lati umani di quella persona stanno interferendo con la sua essenza di bambola e che l’unico modo di mettere a posto le cose è quello di trovare questa persona e aiutarla. Alla protagonista non è lasciata altra scelta se non quella di intraprendere il suo viaggio di crescita che scopriremo essere incentrato sul divario tra donna ideale e donna reale, cosa che potrebbe essere interessante ma che viene sviluppata male.
Così B parte verso il mondo reale seguita da K che si è nascosto nella sua macchina. Appena arrivati nel mondo reale, B inizia a provare nuove sensazioni: diventa più autocosciente e si trova spiazzata da un velato senso di minaccia. Questo fa parte dell’esperienza di vita femminile anche da un punto di vista biologico, la donna è più vulnerabile soprattutto se incinta e ciò ha portato l’evoluzione a dotare la donna di quel ‘sesto senso per il pericolo’ che si traduce in una più spiccata capacità di percepire situazioni pericolose, con l’effetto collaterale di tendere spesso a sovrastimare il pericolo (di solito chi sovrastima sopravvive molto di più in natura) e a percepire più emozioni negative
Questa capacità di sentire è anche legata alla capacità di relazionarsi con l’infante durante la maternità, ma adesso la domanda è: ‘questa cosa verrà inquadrata nel modo giusto?’, beh ovviamente no! Invece di mettere in luce la complessità della percezione femminile, in tre secondi netti la nostra cara B viene molestata verbalmente e fisicamente più volte, perfino dalla polizia perché è meglio confermare il bias che comprenderlo… entrare in un vicolo buio potrebbe metterti nei guai, ci potrebbe essere un rapinatore o uno stupratore. Mettersi in situazioni rischiose è sempre una cattiva idea ma qui il mondo viene rappresentato come se ogni vicolo fosse pieno di pervertiti e in tutto il film gli uomini sono dipinti o come idioti o come pervertiti: non si vede un brav’uomo in due ore di film.
Dall’altra parte, nel nuovo mondo K si sente ammirato: percezione che questa volta la regista non si disturba di approfondire. Una volta lasciato solo, K è libero di vedere come funziona il mondo reale: gli uomini sono rispettati (chiaramente non fanno vedere tutti gli uomini ma quell’un per mille che ha successo, provando a fare il parallelo con Barbie-land dove il 100% delle donne domina). Per amore del vero, quindi, cambio la frase precedente: alcuni uomini sono rispettati nel mondo reale (come lo sono alcune donne). Intanto Barbie cerca la persona che deve aiutare e, a quella che sembra essere una fermata dell’autobus, incontra una donna sugli 80 anni a cui dice ‘sei bellissima’ e quella risponde ‘lo so’.
Questo scambio, secondo la regista, è una delle scene più importanti del film. Per me è di un cringe assurdo perché mette in luce una delle dissonanze cognitive più grandi del film. Dovrei fare un lungo discorso sui rituali di accoppiamento in natura ma ve li risparmio, anche se rischio di sembrare ignorante arrivando al punto: l’insicurezza femminile riguardo alla propria bellezza non è un retaggio culturale ma arriva da molto più lontano. Il bisogno di sentirsi belle e attraenti deriva da meccanismi biologici relativi alla propagazione della specie e ha anche la funzione di favorire il conflitto (cosa che Barbie farà dopo, creando una vera e propria guerra). Il bisogno di suscitare una reazione nell’altro che confermi questa cosa, deriva anch’essa da millenni di selezione genetica. Nessuna quantità di successo lavorativo, finanziario placherà mai questa necessità.
Ci sono due cose che possono colmare questo bisogno: 1) una buona relazione sentimentale; 2) un’eccessiva dose di narcisismo accompagnata da una corsa verso un obiettivo sostitutivo. Ma ancora meglio sarebbe comprendere che nessuno è bellissimo e mettere seriamente in discussione questa necessità, cosa che rende la scena ancora più cringe perché a 80 anni uno dovrebbe essere fuori da quella fase. Approfondirò in seguito ma per adesso facciamo finta che B abbia voluto dire ‘sei uno splendido essere umano’, come molti che leggeranno questo articolo faranno finta di aver sentito e come B stessa smentisce verso la fine del film.
A questo punto del film entra in gioco la Mattel che vuole rimettere Barbie nella scatola (chiaramente sono tutti uomini tranne la segretaria del capo e qualche impiegata e chiaramente gli uomini sono tutti idioti). Nel mentre B prova per la prima volta una ‘paura senza oggetto specifico’ in contrasto con K che si sente invece ‘alla grande’. Come ho spiegato prima, è una cosa comune che le donne provino più stati negativi compresa l’ansia ma non è una cosa che gli uomini non provano: diciamo che la cosa viene focalizzata solo su B. Questa volta verrà inquadrata bene, ovvero come un’esperienza che fa parte delle psiche femminile e che richiede rispetto e attenzione e che ci ricorda che uomini e donne tendono a provare le emozioni in modo differente? Assolutamente no, perché appare una madre che sta andando a prendere il figlio a scuola, fermandosi giusto per spiegare a B che quella è ansia e a K che lui non la ha perché i bambini non si sfogano sui padri…
Ogni volta che questo film rischia di toccare un tasto che andrebbe analizzato, vira verso un’interpretazione fortemente sessista. Qui succede una cosa importante: K si documenta sul patriarcato e vuole trovare un lavoro ad alti livelli ma non può perché non ha le competenze. Tra le persone che lo rifiutano, appare l’unica figura maschile decente: un bagnino che sembra uno normale, gli altri sono una donna medico (perché come dicevo prima nel mondo reale il rispetto non va solo agli uomini) e un finanziere idiota, agente segreto del patriarcato.
Il film continua con B che, dopo aver scoperto di essere un’odiata icona capitalista, trova la persona che stava cercando in Gloria: una madre in crisi di mezza età che gioca con la Barbie della figlia con cui ha una relazione problematica e che è casualmente la segretaria del capo della Mattel. Nel tentativo di sfuggire dalla Mattel, B porta Gloria e la figlia con lei a Barbi-land ma quando arriva trova tutto stravolto. K le ha precedute ed ha fatto una rivoluzione. Adesso i Ken hanno preso il controllo, le macchine e le case come un gruppo di tamarri certificati mentre le Barbie si sono trasformate in delle svampite da quattro soldi, e lo ha fatto… spiegando il patriarcato.
Questa cosa non ha senso e fa sembrare le donne veramente idiote. Giudici, medici e astronauti ridotte a macchiette da un maschio incompetente, senza alcuna motivazione nella delirante visione femminista della supremazia dell’uomo che si riflette nel mondo delle Barbie: le donne sono fatte per essere quello che vogliono ma i Ken sono idioti senza competenza e se vanno al potere guai a voi… Qui succede una delle cose più brutte di tutto il film: B si dà per vinta perché non è abbastanza bella o intelligente da essere interessante o un giudice della Corte suprema (è una Barbie generica) e ha bisogno di Gloria a ricordarle che è bellissima e intelligente a priori, anche se non ha nessuna qualifica.
Qui c’è un breve dialogo sulla difficoltà di essere donna su cui si sarebbe potuto costruire qualcosa e che fa sentire quanto le donne siano ‘perse’ al giorno d’oggi, ma niente: anche questa occasione viene sprecata. Questo è anche il punto in cui si toglie ogni dubbio su cosa si sia inteso per ‘bellissima’ nella scena dell’ottantenne e come essere bellissima significhi essere accettata e riconosciute a priori. Una cosa che non è fattibile nella vita reale: io non sono bellissimo, già se mi apprezzano quelli della famiglia è tanto e vivo sconosciuto ai più. Benvenuti nel mondo reale! Questo monologo di Gloria sulla difficoltà di essere donna, cura una delle Barbie e si scopre che ‘dare voce alla dissonanza cognitiva di una donna sotto il patriarcato distrugge l’influenza del patriarcato’. Come se le donne fossero così idiote da non capire nemmeno loro stesse, forse è così che le moderne femministe vedono le donne degli anni ’50: decerebrate, sottomesse, prive di volontà e intelligenza, incapaci di capire se qualcuno non gli spiega le cose.
Comunque con l’aiuto di Gloria deprogrammano tutte le Barbie e qui succede un’altra cosa orribile a mio parere (ne mancassero). I Ken vogliono cambiare la Costituzione e come li fermano le Barbie? Usando la loro femminilità come arma per metterli gli uni contro gli altri, facendo scoppiare una guerra tra i Ken… tossico e agghiacciante! Così i Ken si combattono ma alla fine fanno la pace capendo che ‘loro sono abbastanza per loro stessi’, ma la votazione è persa. Le Barbie restaurano il loro dominio. K sconfitto confessa che ‘non sa quello che è’ senza B e ha una crisi di identità e si arriva alla conclusione che ‘non sei quello che hai’ e forse ‘sei quello che sei’, con Gloria che propone alla Mattel la creazione della ‘Barbie ordinaria’ che vuole solo ‘passare la giornata e sentirsi bene con se stessa’, mentre i Ken riescono ad ottenere di iniziare a lavorare dal basso per ottenere un po’ di rispetto. Questo sarebbe anche un bello spunto se non avessero scassato i maroni per tutto il film con la necessità di essere ‘bellissime e intelligenti’. Così si arriva al finale dei due protagonisti dove K che abbandona l’idea di una relazione con tanto di felpa con scritto ‘io sono Kabbastanza’.
Per quanto riguarda B quale è il suo finale? Qui appare la creatrice di Barbie che dice ‘questo è sempre stato il punto, ti ho creata perché non avessi un finale’. Un personaggio che B aveva già incontrato nella sua fuga dalla Mattel in un ufficio strutturato come una cucina (richiamo alla vecchia concezione del femminile) e che fa un buon discorso sul fatto che essere un umano è una cosa complicata e che a volte si creano idee come Barbie o il patriarcato per far fronte a quanto sia incasinato l’essere umano. Così B decide di diventare umana e di smettere di essere un’idea e il film finisce con la protagonista che va a fare la sua prima visita ginecologica… non sto scherzando.
Concludendo: il film ha idee interessanti ma le sviluppa malissimo. Il rapporto tra donna ideale e donna reale, la diversa percezione delle emozioni tra uomo e donna e la realizzazione di sé stessi, ma fallisce qualsiasi tipo di approfondimento sul tema scadendo nella propaganda femminista. Vengono fuori due protagonisti che non sanno chi sono e cosa vogliono e che finiscono il loro viaggio in un punto di rottura. Ken potrebbe aver trovato un’altra persona che accetti i suoi sentimenti o aver capito che aveva bisogno di migliorare sé stesso e invece diventa una figura tendente al narcisismo che ‘basta a sé stesso’ e non ha bisogno di una relazione. Barbie, ugualmente, parte nel suo viaggio per diventare umana e smettere di essere un’idea e diventare reale per capire chi è chiaramente da sola. Il messaggio sottostante del film sembra essere ‘è meglio che ci stiamo lontani perché non sappiamo chi siamo e non sappiamo interagire’. Un messaggio che tralascia una delle grandi verità dell’essere un umano: chi sei non lo decidi tu ma lo decidi attraverso le relazioni che hai con gli altri. Sei tanto quello che pensi di essere quanto l’immagine riflessa negli occhi di chi ti guarda (cosa ribadita duemila volte dal bisogno di essere accettati come bellissimi e intelligenti sbandierato per tutto il film). Non sai chi sei se non sei in relazione. Un film triste che parte dall’idea di uguaglianza per poi cercare di toccare temi diversi senza approfondirne nessuno e che riesce solo a sottolineare la disconnessione e il deterioramento dei rapporti di genere.