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Home » Bioshopper, la Cgil: «Scelta di civiltà»

Bioshopper, la Cgil: «Scelta di civiltà»

di Marco Torricelli
5 Gennaio 2018
in Attualità, Dal territorio, Economia, Imprese, Politica
Tempo di lettura: 4 minuti di lettura
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Scattato da tre giorni, l’obbligo dei sacchetti biodegradabili e compostabili per la frutta e verdura – ma anche i medicinali – è oggetto di una violenta polemica. Soprattutto sui social e con i toni e le distorsioni tipiche del mezzo.

La Filctem Cgil «Quella che è una scelta di grande valore per la filiera dei rifiuti e per lo sviluppo della economia sostenibile – dice la Filctem Cgil nazionale – rischia di diventare un ‘problema, a causa della strumentalizzazione politica che poggia sui dubbi dei poco informati rispetto alla consistenza del lavoro presente nel settore. Ebbene, tutti ci sentiamo ecologisti convinti (giustamente), siamo pronti a creare comitati contro qualsiasi rischio di messa in discussione dell’ecosistema (giustamente), pronti a denunciare spreco di risorse pubbliche per porre rimedi inefficaci rispetto ai danni ambientali (giustamente); poi però, di contro, fatichiamo a distinguere il bene dal male. Il sindacato, ha il dovere di provare a fornire una informazione, il più possibile aderente alla realtà di quanto sta accadendo in queste ore».

La legge Il primo dato, spiega la Filctem, «è il fatto della presenza di una legge che nasce da una normativa europea che l’Italia ha tardato, come sempre accade, a recepire, tesa a ridurre la presenza di plastiche tradizionali per usi nei quali queste possono essere sostituite con materiali compatibili con l’ambiente, che nel medio periodo ridurranno anche i costi che gravano sulla testa di tutti noi cittadini, per bonificare i danni ambientali prodotti dalle “materie plastiche abbandonate. Per avere una idea di quanto questo sia necessario, è sufficiente leggere i report ambientali presenti in rete sui danni prodotti soprattutto nei nostri mari dalla plastica abbandonata, e anche dei sacchetti che finiscono più o meno erroneamente nei biodigestori della frazione organica dei nostri rifiuti o ancora nelle discariche, producendo percolato che tanto aggrava la nostra esistenza».

Il costo Il sindacato, poi, dice che «l’elemento che più è stato criticato del decreto è quello che il sacchetto abbia un valore economico ben visibile nello scontrino della spesa. Al di là dell’importo, sul quale poi diremo, la necessità di riconoscere il valore economico al sacchetto serve a valorizzarlo, in quanto, evitiamo di fare tutti come con i vecchi sacchetti leggeri di plastica venivano rotti in casa e gettati nel contenitore della plastica nel migliore dei casi, ma nella indifferenziata se sporcati nel trasporto, oppure nel peggiore dei casi nella raccolta dell’organico, andando a creare un grandissimo danno di inquinamento della frazione organica. Il fatto di tenere a mente che quel sacchetto è stato pagato, 1 o 2 centesimi di euro, in quanto deve essere reimpiegato per la raccolta della frazione organica, ci impegna a trattarlo in modo corretto. Sono emersi a questo punto alcuni limiti, come quello del nodo che non si slega senza rompere il sacchetto, è sufficiente chiuderlo senza annodarlo; oppure, non tutte le etichette sono fatte con materiale biodegradabile e possono andare insieme al sacchetto nella frazione organica, sarebbe sufficiente che come per il sacchetto si utilizzassero etichette biodegradabili/compostabili così da non doverle rimuovere. Ebbene, il solo riutilizzo del sacchetto per la frazione umida dei rifiuti, annullerebbe il suo costo pagato al momento dell’acquisto».

La Novamont

Novamont Nella querelle è stata coinvolta anche la Novamont (azienda che ha uno stabilimento a Terni) e «per riprendere alcune affermazioni in cui si licenzia la legge come un regalo ad una azienda che ha interesse al consumo di sacchetti biodegradabili – prosegue la Filctem – diciamo che la stessa legge è stata fin qui fortemente osteggiata da interessi opposti, dei produttori di sacchetti in polipropilene o falsi biodegradabili, spacciati per bio pur non essendolo.Questi ultimi oltre a produrre danni nello smaltimento come già detto, portano risorse economiche nelle tasche di deprecabili imprenditori magari sperduti in qualche lager di qualche paese lontano, che sfruttano lavoro e ambiente senza troppi scrupoli».

Sergio Cardinali

Cardinali Sulla vicenda è interessante registrare anche il parere di Sergio Cardinali, della segretaria nazionale del sindacato e già segretario provinciale ternano del sindacato: «Ho registrato un eccessivo interesse sulla valutazione economica di un’operazione che ritengo essere, invece, una scelta di grande valore per la filiera dei rifiuti e per lo sviluppo della economia sostenibile. Soprattutto se si considera che il solo riutilizzo del sacchetto per la frazione umida dei rifiuti, annullerebbe il costo dello stesso. È auspicabile favorire lo sviluppo di filiere virtuose e, quindi non solo una, ma una serie di aziende presenti sul territorio nazionale, attraverso regolari leggi nazionali e direttive comunitarie, che oltre a migliorare l’ambiente, contribuiscono alla crescita economica del paese, creando nuove opportunità di lavoro. In una economia come questa in cui sono tante le forme in cui vengono finanziate le imprese attraverso risorse pubbliche, spesso a scapito di diritti dei lavoratori, come ad esempio il Jobs act. La Novamont, campione internazionale indiscusso sul fronte della ricerca e di nuovi brevetti, è un’azienda capace di produrre una buona alternativa per recupero di siti produttivi industriali fortemente inquinati presenti anche ne nostro Paese. I rincari per i sacchetti, calcolati intorno ai 5-7 euro a famiglia l’anno, sono poi ben poca cosa rispetto a quelli dell’energia, gas e petroli previsti per questo anno, forse su questo bisognerebbe invece porre una certa attenzione».

I rischi Secondo Cardinali, poi, «va ricordato che proprio grazie ad aziende come la Novamont resta, insieme ad altri campioni nazionali come l’Eni, l’unica alternativa al recupero di siti produttivi industriali fortemente inquinati dalla prima e seconda rivoluzione industriale. Certo è che, comunque, sarà necessario che tutti i soggetti impegnati stiano attenti alle speculazioni che possono nascere intorno al prezzo unitario del sacchetto che non dovrebbe superare i 2 centesimi; sarà necessario risolvere il problema delle etichette e sarà necessario fare attenzione a cosa accade nelle farmacie dove sacchettini minuscoli con tanto di pubblicità di farmaci ed aziende vengono scontrinati a 5 centesimi. Tanto lavoro da fare per tutti, sindacato compreso, ma soprattutto speriamo che la campagna elettorale si giochi sul terreno della competizione nei programmi elettorali, e non demonizzando settori che servono alla ripresa di una industria sostenibile del nostro Paese».

 

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