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Home » Chi ‘porta l’acqua’ si riscopre centrale

Chi ‘porta l’acqua’ si riscopre centrale

di Fabio Toni
20 Aprile 2020
in Ambiente e salute, Apertura 5, Coronavirus, In evidenza
Tempo di lettura: 3 minuti di lettura
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di F.T.

Spesso nell’ombra, quando il lavoro era sì impegnativo ma più ‘normale’. Con il coronavirus e il ‘senso di squadra’ che ha invaso anche l’ospedale ‘Santa Maria’ di Terni, il ruolo degli addetti alle pulizie – che non svolgono solo questo in realtà – è emerso in tutta la sua importanza. Assumendo, o per meglio dire evidenziando, anche connotati di umanità che hanno sorpreso gli stessi operatori, pronti a dare una parola di conforto nel momento del bisogno, oltre a svolgere in maniera puntuale e con la normale paura di chi opera in contesti di emergenza, il proprio lavoro.

EMERGENZA CORONAVIRUS – UMBRIAON

Cosa è cambiato

A raccontare come in due mesi siano cambiate le cose è Antonella Mazzoli, una delle 118 dipendenti della ternana Cosp Tecno Service che operano all’interno del nosocomio. «Il nostro lavoro – spiega – è cambiato perché ora è diversa la stessa logistica dell’ospedale. La direzione è stata eccellente nell’individuare subito i percorsi e i reparti dedicati al Covid-19. Questo ha certamente aiutato ad arginare i contagi e noi siamo stati ancora più coinvolti nei nostri doveri. Basti pensare che ora c’è un presidio fisso h24 per la sanificazione degli spazi». A partire dai dpi, Â«e noi siamo stati fra i primi ad avere a disposizione tutti gli strumenti necessari», gli operatori della Cosp hanno – giocoforza – dovuto modificare alcune abitudini lavorative. Perché l’esigenza di ‘fare squadra’ ha permeato ogni livello della macchina ospedaliera. Â«Al momento, oltre alle sanificazioni previste, ci occupiamo di quelle relativi agli spazi dove transitano i Covid+. Accanto a questo grande lavoro – spiega Antonella – seguiamo il facchinaggio, la logistica della farmacia dell’ospedale, la cui direttrice ha saputo coinvolgerci e coordinarci nel modo più adeguato, e l’allontanamento rifiuti urbani e speciali. Poi c’è la parte relativa alla logistica dei pazienti, l’aspetto forse più delicato che porta i nostri operatori a stretto contatto con le persone, le loro emozioni, incertezze e paure».

Lo spirito di collaborazione

Se nel contesto di ‘squadra’ che caratterizza oggi ancora di più il ‘Santa Maria’, il ruolo degli addetti alle pulizie è emerso in maniera ancora più evidente, Â«Ã¨ perché la direzione ha saputo apportare le modifiche necessarie fornendo subito indicazioni chiare che hanno aiutato non solo noi, ma tutti. Anche gli operatori della ristorazione, del lavanolo, le ditte delle manutenzioni: tutti sono stati bravi a costruire la squadra-ospedale dove ciascuno sa cosa deve fare ed è essenziale. Credo che un ‘grazie’ sia doveroso verso chi ogni giorno si rapporta con noi: dai medici agli infermieri, dalle direzioni dell’ospedale – generale, sanitaria e amministrativa -, all’ufficio tecnico, fino a tutto il personale sanitario. Un clima ottimale che è presupposto necessario per combattere un virus complicato come questo».

La paura, naturale

Lavorare a stretto contatto con persone positive al coronavirus, in un contesto ospedaliero che, di partenza, non può essere rassicurante, ha creato timori anche fra i lavoratori Cosp: Â«Normale – osserva Antonella -, poi con il tempo e gli strumenti a disposizione, ci siamo resi conto che la protezione c’era. A tutti noi credo vada riconosciuto un grande senso di responsabilità. Anche perché ora i turni sono diversi, viene chiesto un impegno ed un coinvolgimento maggiore. Di bello c’è che non abbiamo riscontrato tensioni né ostilità, in un quadro dove sul piano umano è anche normale avere paura. Ma le scelte chiare dell’azienda ospedaliera hanno aiutato anche in questo senso. Spesso si dice che la sanità non funziona: certo ci saranno anche dei difetti, ma si tratta di un luogo comune smentito, anche questa volta, dai fatti».

Il lato umano

Chi trasporta pazienti e pulisce – forse i lavori concettualmente più ‘umili’ -, questa volta ha dovuto dimostrare qualcosa in più. Anche sul piano umano: Â«A volte mi sono ritrovata con dei familiari che cercavano in ogni modo di capire dove fosse ricoverato il proprio caro, nel tentativo, praticamente impossibile, di raggiungerlo per un saluto, per sincerarsi delle sue condizioni. La lontananza è un peso per tutti e noi lo avvertiamo. Il fatto che i pazienti siano soli, poi, li porta a scambiare qualche parola con chiunque si trovi a contatto con loro. Anche con i nostri operatori che magari li portano a fare un esame. In quei cinque minuti c’è un mondo di umanità. Quella di chi soffre e la nostra, che in più di un caso, con semplicità, siamo riusciti ad essere di conforto. Ecco, fra di noi c’è chi ha tirato fuori una sensibilità sopita che neppure pensava di avere». Tanto impegno che l’azienda intende ripagare anche con un premio, un riconoscimento per chi opera nel settore sanitario, nella prossima busta paga: Â«Devo dire che finora fra formazione, dispositivi, organizzazione, non ci è mancato nulla. E questo aiuta a lavorare meglio».

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