Chissà se in Giappone dicono ‘peracottaro’?

Terni, il termine sta a descrivere una persona incapace e che fa figure meschine. L’impressione data ai ‘gemellati’ di Kobe – Il corsivo di Walter Patalocco

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di Walter Patalocco

ヨウナシコック: niente paura. In giapponese, più o meno e mettendoci un po’ di buona volontà, significa “cuoco di pere”, colui che cuoce le pere: peracottaro, si direbbe più sbrigativamente dalle parti nostre. Sarà certamente più preciso, ma equivalente il termine che i giapponesi di Kobe useranno per descrivere i ternani che, non per colpa di tutti – sia chiaro – hanno fatto proprio una figura barbina con i “cugini” della città gemellata con Terni da decenni.

Eravamo negli anni Settanta del secolo scorso, quando tutto ebbe inizio. I ternani – furbi – mettendo da parte l’anticlericalismo che per decenni li ha animati, ammisero che sì, anche un santo poteva tornare utile: nella fattispecie si poteva giocare sulla nomea mondiale di San Valentino protettore degli innamorati. Andava fatta una promozione all’estero per far sapere che Terni conserva le spoglie di quel santo così popolare. Si cominciò dal Giappone anche perché allora i giapponesi in Italia arrivavano a frotte, seppure inquadrati nei ranghi delle gite aziendali. Laggiù (o là?) sembra che ogni cuore vibrante cercasse aiuto in San Valentino. Almeno allora. E giù visite e controvisite da Terni in Giappone per organizzare quello che ssembrava dovesse essere una trasferimento di massa da Kobe per la festa del 14 febbraio. A conti fatti, se è andata bene, s’è pareggiato il conto, però. Perché se da Terni partivano a frotte, dal Giappone si è assistituto a sbarchi, francamente, quasi insignificanti.

Da Kobe sono arrivati in questi giorni alcuni giapponesi, una delegazione che vorrebbe (o avrebbe voluto?) rinsaldare il gemellaggio. Sa’, qualche tempo addietro loro inaugurarono una piazza dedicata a Terni e a San Valentino. Ci andarono giù ( o là?) in folta delegazione quelli di Palazzo Spada, tanto che la settimana scorsa, i giapponesi accolti in municipio da tre persone e quasi al buio, debbono aver pensato che tutta quella gente probabilmente ha trovato l’America in Giappone e s’è definitivamente trasferita. A riceverli non c’era praticamente nessuno, a parte il presidene del consiglio comunale, Peppe Mascio, che ha fatto quel che poteva. Certo, ha dovuto fare la faccia tosta quando i giapponesi si sono alzati in piedi dicendo “Shall we go?”, “Andiamo?”. Gli interlocutori ternani sono guardati l’un l’altro: “Indove?”– E i giapponesi: “A vedere il giardino zen. Ci avete fatto vedere il progetto e il plastico ormai qualche anno fa”.

E’ stato tutto un tossire, tra i tre ternani presenti all’incontro. un ingarbuglio di frasi smozzicate. Fino a che il presidente ha preso il coraggio a quattro mani: “Non l’abbiamo ancora realizzato”, ha spiegato. Lui, perché i tecnici che quel progetto l’hanno proposto a suo tempo, lì, a guardare in faccia ai giapponesi non c’erano. Chissà perché?

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