Cinghiali feriti: per il CdS vanno ‘lasciati in pace’. Respinto il ricorso della Regione

Dopo la sospensiva del Tar Umbria sul ricorso di Legambiente, il Consiglio di Stato si è espresso: «Ucciderli non è ‘eutanasia’»

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di S.F.

La Regione Umbria ci ha provato, ma è andata male. Con tanto di motivazione alquanto curiosa per cercare di rovesciare l’ordinanza del Tar Umbria: il Consiglio di Stato – terza sezione giurisdizionale, la firma è del presidente Franco Frattini – ha bocciato la richiesta cautelare di riforma del provvedimento del Tribunale amministrativo regionale in merito al regolamento regionale per la caccia di selezione dei cinghiali e il disciplinare per gli ungulati selvatici. Il mirino è in particolar modo su due aspetti, il recupero dei capi feriti e il foraggiamento per attirarli.

Un cinghiale a Spello

Il tentativo della Regione

Il Tar Umbria con un’ordinanza cautelare aveva sancito la sospensiva in merito al recupero dei capi feriti e la possibilità di attirare l’animale ferito attraverso il foraggiamento dopo il ricorso presentato da Legambiente: stop – per questi aspetti – al regolamento regionale e al disciplinare sia per la caccia di selezione agli ungulati selvatici negli ambiti territoriali che per il recupero degli animali feriti. Tuttavia a palazzo Donini non hanno mollato con ricorso in appello al Consiglio di Stato. Ma nulla cambia: «Appare, preliminarmente, priva di pregio l’eccezione di difetto di legittimazione processuale della ricorrente di primo grado, alla luce delle sue finalità statutarie di tutela dell’ambiente e della biodiversità, valori almeno potenzialmente lesi dai provvedimenti impugnati», viene specificato. Poi la parte curiosa.

Caccia di selezione cinghiali, Tar Umbria stoppa regolamento

«Abbattere capo ferito? Una sorta di ‘eutanasia’»

Il Consiglio di Stato aggiunge inoltre che «deve essere richiamata la costante giurisprudenza costituzionale volta a salvaguardare la potestà legislativa esclusiva dello Stato a tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali sancita dall’art. 117, comma 2, lett. s), della Costituzione; in tale ambito, la medesima Corte costituzionale ha già più volte statuito la riconducibilità della caccia di selezione all’esercizio venatorio, e quindi ai previsti divieti e limiti territoriali e temporali, che non appaiono rispettati dagli atti regionali in esame». Per quel che concerne il secondo aspetto la storia è diversa: «Analoghe considerazioni valgono per la prevista possibilità di attirare l’animale ferito tramite il ‘foraggiamento’, che è espressamente vietato dalla legislazione statale ad esclusione di quello finalizzato alle – ben diverse – attività di controllo». Sì, perché «non può in alcun modo essere condivisa – scrive il Consiglio di Stato – la tesi secondo cui l’abbattimento di un capo ferito ritrovato non è un atto di caccia ma una sorta di ‘eutanasia’ volta ad evitare inutili sofferenze in quanto una tale previsione rischierebbe, per la sua pericolosa ambiguità ed indeterminatezza, di vanificare i parametri oggettivi posti dalla normativa nazionale ed euro unitaria a tutela del patrimonio naturale e della biodiversità».

Franco Frattini

Il danno

Dunque, chiude la terza sezione giurisdizionale del Consiglio di Stato, non appare altresì dubbia «l’attualità del pericolo di danno grave ed irreparabile alla conservazione della fauna selvatica, dovendosi quindi confermare la disposta misura cautelare fino alla decisione di merito, avendo peraltro il Tar Umbria già fissato l’udienza pubblica dell’8 febbraio 2022». Ordinanza di Frattini e appello respinto. Se ne riparla tra cinque mesi. Gli avvocati coinvolti sono Natascia Marsala per la Regione e Sergio Gherardelli per Legambiente Umbria. Non costituiti in giudizio gli ambiti territoriali di caccia (Atc) Perugia 1, Perugia 2 e il Ternano-Orvietano.

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