Confapi: «La battaglia di Ast per la ‘sua’ centrale è legittima e fondata»

L’associazione di categoria interviene sui temi energetici e sulla questione-esproprio sollevata dall’azienda di viale Brin

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della Confapi Terni

L’andamento dei mercati ha ripreso a segnare dei rialzi significativi, con un aumento del costo dell’energia che penalizza fortemente le imprese italiane che non riescono più a reggere la competizione a livello internazionale in un’economia sempre più globalizzata. Le misure che vengono poste in atto per agevolare le imprese del nostro territorio, specialmente quelle energivore, appaiono insufficienti e spesso fin troppo ingarbugliate.

TUTTO SU AST – UMBRIAON

Molte aziende sono costrette ad interrompere la produzione, il caso più eclatante è quello di Arvedi Acciai Speciali Terni che ha annunciato il fermo di uno dei due altoforni elettrici dello stabilimento, con conseguente attivazione della cassa integrazione. In una nota diffusa dalla stessa Arvedi si legge che la decisone è stata presa a causa degli alti costi dell’energia che non consentono la competitività con altri colossi del sistema che, in altri Paesi, hanno costi energetici decisamente inferiori: in Francia l’energia si paga circa 21 €/MWh, in Germania 32 €/MWh, in Spagna 62, in Italia si arriva sopra ai 100 €/Mwh. Senza considerare i mercati asiatici.

Qui ritorna il tema dell’esproprio delle centrale Enel, questione che come Seci srl abbiamo già sollevato negli anni scorsi grazie agli studi dell’ingegner Giusto Filippo e del dottor Umberto Paparelli, consulenti della Seci. Seci è una società attiva da anni nel settore energia che opera a sostegno e collaborazione della Confapi Terni a tutela delle aziende del territorio.

Per Ast sarebbe auspicabile il ritorno della centrale elettrica nella disponibilità del plesso aziendale, come in origine prima dell’esproprio, per poter disporre di energia a costi di produzione e tornare ad essere competitiva con i concorrenti internazionali, assicurando al contempo il mantenimento e lo sviluppo di tutto l’indotto che vede coinvolte una serie di Pmi locali che rappresentano un altro enorme valore aggiunto allo sviluppo economico del territorio Ternano.

L’esproprio della centrale, in origine di proprietà, è avvenuto con la nazionalizzazione dell’energia elettrica, provvedimento voluto dai partiti del Governo dell’epoca con la legge 1643 del 1962. L’indennizzo venne pagato dallo Stato per 30 anni sottoforma di corresponsione all’Ast di energia elettrica a costo ridotto, poi nel 2005 la Commissione Europea ha impedito la proroga di questo regime perché considerato Aiuto di Stato.

Occorre rilevare che la stessa Commissione Europea, nel negare la prosecuzione delle tariffe agevolate, come riferito dall’avvocato Umberto Grella, contattato da Seci in quanto esperto in materia di mercato elettrico e di regolamentazione europea, esplicitamente adombri e avanzi dubbi sulla correttezza dell’esproprio che, a detta della UE, poteva essere evitato. Il riappropriarsi della centrale andrebbe a generare enorme beneficio, non solo all’industria ma a tutto il territorio Ternano che avrebbe diritto a costi agevolati, con facilmente immaginabile impulso economico produttivo.

Proprio sulla base di queste considerazioni l’avvocato Grella, che ha recentemente vinto una causa circa i certificati energetici davanti alla Corte di Giustizia UE che garantirà in prospettiva una calmierazione dei costi per tutti i clienti italiani, ci conferma che l’ipotesi di riappropriarsi della centrale non può quindi essere considerata eccentrica, ma sicuramente congrua e anche con buone possibilità di successo.

Nella legge di nazionalizzazione sono inserite delle clausole di dubbia legittimità costituzionale relative alle centrali di Terni rispetto agli art. 41/42/43 della Costituzione come pure dei protocolli UE. In particolare, proprio per non scendere troppo nel dettaglio, si sottolinea il fatto che mentre la legge di nazionalizzazione tutelava la proprietà privata e quindi escludeva dall’esproprio le centrali parte integrante di un processo industriale e quindi proprietà privata di uno stabilimento, non ha usato lo stesso trattamento per Terni. Ma l’articolo 43 della Costituzione tutela la proprietà privata come bene sociale e per tutti i cittadini nessuno escluso.

Che le centrali di Terni rappresentino un bene sociale, non solo per l’intero territorio ternano ma per tutta l’Italia, è del tutto evidente considerato il fondamentale valore aggiunto che conseguono nel garantire all’Italia la produzione degli acciai speciali. L’avvocato Grella ci ricorda che un diritto costituzionale è imprescrittibile: non decade mai e può essere fatto valere in tribunale sempre, anche dopo 70 anni.

Si può quindi supporre che una battaglia comune e collettiva dei Ternani potrebbe portare ad ottenere il successo sperato in Tribunale. Seci, in collaborazione con i propri esperti, i suoi sostenitori e la Confapi Terni, continuerà la battaglia in difesa del territorio ed è pronta ad incontrare tutte le forza economiche e politiche confrontandosi sulla base delle idee e proposte di azione fin qui espresse.

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