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Home » Covid, le orchestre: «Noi dimenticati»

Covid, le orchestre: «Noi dimenticati»

di Francesca Torricelli
21 Aprile 2020
in Coronavirus, Economia, In evidenza, Lavoro, Opinioni
Tempo di lettura: 2 minuti di lettura
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dell’Unione orchestre spettacolo italiane

Oltre 2.500 imprese, 15 mila musicisti-dipendenti, 5 mila addetti ai lavori (tecnici audio, video, ecc.), manager, discoteche e locali da ballo, etichette editoriali e discografiche indipendenti, di cui nessuno parla. Una filiera di imprese/attività che rappresenta un’importante fetta di cultura popolare e di tradizione, una realtà troppo spesso poco considerata, nonostante capace di creare un indotto non trascurabile. Imprese per la cui gestione sono però oggi necessarie strutture (audio, video, luci, ledwall, ecc.), oltre a mezzi di trasporto (camion, pullman, furgoni, ecc.), per cui gli investimenti sono costanti, con leasing, finanziamenti, ecc. a cui far fronte.

Tutto questo, al fine di mantenere vivo un settore – la musica da ballo – oggi principalmente rappresentato da formazioni orchestrali di vario genere; strutture itineranti che quasi ogni giorno raggiungono locali, eventi di piazza, sagre, fiere, ecc. portando e mantenendo viva appunto una forma di cultura popolare e ricreativa, un aspetto che nella vita ‘normale’ del nostro paese è da sempre stato condiviso da milioni di persone. Siamo una parte creativa della nostra cultura italiana. Da sempre abbiamo il compito di emozionare, di stupire il nostro pubblico, spostandoci in tutta Italia per portare la nostra arte – con la musica da ballo – in tutte le città del Bel Paese dove ci aspettano il pubblico, i nostri fan, le persone che non vedono l’ora di uscire di casa per potersi divertire, per vivere con gioia l’aggregazione e la socializzazione attraverso il ballo.

Noi orchestre siamo una parte attiva della filiera della cultura, del turismo e dello spettacolo. Siamo forse la parte ‘meno nobile’ del settore, ma certamente quella più popolare e fortemente radicata nelle nostre tradizioni culturali; lavoriamo nel tessuto sociale, ricreativo italiano che dal dopoguerra ad oggi è cresciuto insieme alla nostra economia: siamo stati ‘compagni di vita’ di intere generazioni. Abbiamo contribuito a rendere viva l’Italia: abbiamo fatto ballare, incontrare, conoscere e sposare milioni di persone sulle piazze italiane, nelle sale da ballo e nelle oltre 40 mila sagre sparse su tutto il territorio nazionale. Siamo una espressione di aggregazione popolare e di socializzazione con il più ampio spirito ricreativo e socioculturale. Siamo una realtà che non può morire.

Oggi tutto questo si è fermato, come è giusto che sia, data l’emergenza; trattandosi di luoghi di aggregazione, siamo stati i primi a doverci fermare, ma saremo gli ultimi a poter ripartire. Per il nostro settore si prevede un ritorno alle attività nella primavera del prossimo anno… così fosse, nessuno di noi riuscirà a sopravvivere. Già solamente dover perdere la stagione estiva, per le orchestre da ballo di vitale importanza, porterà alla chiusura, al fallimento entro la fine dell’anno in corso di un gran numero delle stesse, comportando purtroppo la perdita del lavoro per migliaia di persone, e rispettive famiglie. Di riflesso, tante tra le attività/imprese sopra citate, subiranno le stesse tragiche conseguenze. Il nostro appello alle istituzioni è accorato: siamo a rischio estinzione, chiediamo attenzione in una campagna di sensibilizzazione affinché nessuno rimanga invisibile, nessuno sia inutile, nessuno escluso, e nessuno sia discriminato nel settore dello spettacolo.

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