«Tra i settori più gravemente colpiti, con variazioni di valore aggiunto stimate tra il -9 e il -38,3%, figurano, tra gli altri, le attività collegate al turismo e alla ristorazione, i trasporti, le attività artistiche e di intrattenimento, le costruzioni e, all’interno della manifattura, i comparti della metallurgia, dei mezzi di trasporto e del tessile-abbigliamento. Nel complesso, la classe dei settori che subiscono un impatto da covid-19 ‘molto negativo’ genera il 43,4% del valore aggiunto regionale». È uno dei passaggi dell’ultima analisi a firma Aur, l’Agenzia Umbria Ricerche: il lavoro è a cura di Elisabetta Tondini e Mauro Casavecchia.
SPECIALE CORONAVIRUS – UMBRIAON
Il rallentamento dell’attività economica
In premessa l’Aur sottolinea che lo shock legato alla pandemia ha colpito in prima battuta «l’offerta aggregata e componenti rilevanti della domanda (trasporti, turismo, commercio) e si è immediatamente esteso al resto del sistema produttivo, con pesanti effetti sull’occupazione e mettendo a rischio la sopravvivenza di molte imprese. L’evoluzione della crisi spinge a rivedere il tentativo di quantificazione del rallentamento dell’attività economica già effettuato con la nota pubblicata il 13 marzo. Mentre le precedenti stime riguardavano la contrazione del valore aggiunto limitatamente al primo semestre 2020, le attuali elaborazioni provano a spingere l’orizzonte temporale fino alla fine dell’anno in corso. Anche in questo caso l’impatto viene valutato sulla base di due diversi scenari di evoluzione della situazione emergenziale, che tengono comunque conto del protrarsi del blocco delle attività e delle attuali difficoltà della fase di ripartenza. Lo scenario più favorevole prevede una progressiva riapertura delle attività economiche a partire da maggio in un contesto di contenimento della diffusione del contagio. Si ritorna gradualmente alla normalità, mantenendo misure di precauzione sanitaria che evitano il ripetersi di blocco totale delle attività. Il ciclo economico riprende lentamente, scontando comunque importanti effetti negativi nella domanda interna ed estera. Nello scenario – prosegue l’Aur – meno favorevole l’epidemia si protrae anche nel secondo semestre, emergono nuovi focolai cui corrispondono ulteriori periodi di lockdown intervallati da riaperture. Il perdurante clima di incertezza e instabilità del contesto nazionale e internazionale frena consumi e investimenti e ritarda la ripresa del ciclo economico».
L’impatto negativo
L’Agenzia Umbria Ricerche sottolinea che gli andamenti settoriali «sono stati stimati attraverso un lavoro di rielaborazione di alcune recenti valutazioni su base nazionale pubblicate da vari analisti, tra cui principalmente Cerved e Confindustria, nel quadro di riferimento generale di calo del Pil ipotizzato da Cerved (tra -8,2 e -12% per il 2020) e coerente con quanto riportato dal documento di economia e finanza (-8%) e con le stime di Banca d’Italia (-9%). Tenendo conto di tali valutazioni e delle peculiarità regionali, per ciascun settore è stato determinato un range di variazione del corrispondente valore aggiunto associato ai due scenari. I settori di attività sono successivamente stati raggruppati in quattro gruppi a seconda del grado di sofferenza stimato in termini di tasso di riduzione di valore aggiunto. La classe a impatto negativo, con un range tra il -4,4 e il -12,5%, ne produce il 22,5%; quella a impatto poco rilevante, oscillante tra lo zero e il -3,3%, concentra il 26,8% di valore aggiunto. Il restante 7,3% è rappresentato da due settori, sanità e industria chimico-farmaceutica, gli unici per i quali si prevede una variazione positiva, fino all’1,9%».
Il risultato per l’Umbria
Dunque, sulla base delle stime settoriali, «la contrazione complessiva dell’attività economica in Umbria nel 2020 potrebbe oscillare tra il -7,4% nello scenario meno grave e il -11,1% nello scenario peggiore. In termini monetari, ciò corrisponderebbe a un decremento del valore aggiunto tra 1,5 e 2,2 miliardi di euro. Il calo umbro sarebbe, in entrambi gli scenari, lievemente inferiore a quello nazionale. Ciò a causa della peculiare – spiega l’Aur – articolazione settoriale regionale che contempla una minore incidenza di alcuni tra i settori che subiscono un impatto più grave – come ad esempio la fabbricazione dei mezzi di trasporto e i servizi di trasporto – e un peso più rilevante dei comparti meno colpiti dalla crisi, a partire da sanità, istruzione, agricoltura e industria alimentare». C’è una specifica: «Naturalmente si tratta di stime fortemente aleatorie, formulate in presenza di uno scenario molto fluido: intanto perché non è possibile prevedere l’evoluzione del contagio – in Italia e nel resto del mondo – né le conseguenze sull’andamento della domanda globale e le sue ripercussioni sull’economia italiana e umbra; per di più, è ancora prematuro immaginare quali saranno le reazioni di cittadini e imprese nei loro comportamenti di consumo e investimento, a loro volta fortemente condizionati anche dal grado di efficacia delle politiche economiche adottate per contrastare la crisi».