‘La cura della persona con demenza nella fase terminale della vita: aspetti etici e giuridici’: questo il tema affrontato lo scorso weekend da medici geriatri e giuristi in un convegno di formazione per personale sanitario preposto all’assistenza degli anziani, tenutosi nell’aula ‘Ugo Mercati’ dell’ospedale Santa Maria della Misericordia di Perugia.
I relatori
L’incontro è stato promosso dalla fondazione Fontenuovo di Perugia in collaborazione con l’Usl Umbria 1 e l’associazione di pazienti ‘Amata’ ed ha visto tra i relatori la professoressa Patrizia Mecocci, direttore della scuola di geriatria di Perugia, Flavia Caretta, docente dell’università Sacro Cuore di Roma, la bioeticista Laura Canavacci, Patrizia Cecchetti, responsabile assistenza sociale Usl Umbria 1 e Paolo Toccaceli, dirigente medico hospice di Perugia.
La patologia
«Per dare una dimensione al fenomeno della demenza – ha detto la Simonetta Cesarini, direttore sanitario di Fontenuovo – basti pensare che solo nella nostra struttura protetta le persone affette da demenza severa, grave e terminale sono circa il 70%. Proprio questo dato ci ha spinti ad organizzare un incontro di formazione per il personale che si prende cura della gestione di patologie così impegnative che coinvolgono direttamente le famiglie».
La sperimentazione
Proprio da Fontenuovo è partito da oltre otto anni un nuovo modello assistenziale con la costituzione di un ‘nucleo estensivo demenze’ che si propone, con modifiche ambientali e di formazione specifica del personale, di dare sollievo dalla sofferenza e ottimizzare la gestione dei disturbi del comportamento. «I risultati che abbiamo presentato dopo la nostra sperimentazione – ha spiegato la dottoressa Cesarini – forniscono dati incoraggianti come un’importante diminuzione dell’utilizzo di farmaci e di mezzi di contenzione. È inoltre previsto, nei casi più gravi, che le persone vengano assistite in un altro nucleo funzionale della struttura dove il carico assistenziale e le esigenze medico-infermieristiche sono ancora più pesanti».
Numeri preoccupanti
Durante il convegno è stato ricordato che nei paesi industrializzati la demenza si è attesta sull’8% della popolazione degli over 65 per raggiungere addirittura il 40% negli ultra 80enni . «Per demenza in fase avanzata – ha ricordato la professoressa Mecocci – si intende la presenza di disturbi del comportamento, depressione, difficoltà nell’alimentazione e in tutte le attività di base della vita quotidiana. In questa fase le problematiche medico-infermieristiche si presentano con un grado elevato di complessità, tali da richiedere una preparazione specifica quali prevenzione delle cadute, delle lesioni da decubito, gestione della disfagia e della sindrome da immobilizzazione, prevenzione delle infezioni».
«Serve empatia»
Non solo assistenza, ma anche etica e umanizzazione sono gli aspetti relativi alla formazione di chi svolge il delicato compito di ‘amministratore’, che non ha solo compiti di carattere amministrativo, ma deve necessitare di competenze specifiche. «Per il paziente affetto da demenza – ha aggiunto Patrizia Mecocci – è indispensabile una gestione integrata per migliorare la qualità delle cure di malattie croniche. Servono anche continuità di assistenza, informazione e sostegno per raggiungere la più alta capacità di autogestione. Occorre procedere per obiettivi, anche minimi, per constatare l’efficacia di un’assistenza che, oltre alle terapie, prevede di stabilire un rapporto di empatia con il paziente. Uno scambio di informazioni ed emozioni che può e deve portare ad ottenere il recupero anche di attività quotidiane o a mantenerle, come ad esempio riuscire ad alzarsi dal letto o provare il piacere di pettinarsi i capelli e mangiare da soli». Aspetti evidenziati nella tavola rotonda anche da Rita Antonini, responsabile Usl Umbria 1, e dal medico di medicina generale Roberto Natali che ha sollecitato una formazione specifica peri medici di base.