Sette cacciatori, componenti di due squadre di caccia al cinghiale, sono stati denunciati dai carabinieri forestali di San Venanzo e Allerona perché «sorpresi ad esercitare attività illecita di foraggiamento della specie cinghiale, in varie località del comune di San Venanzo (Terni)».
«All’interno di due aree boscate distinte, ricadenti nello stesso distretto di caccia ma in due settori distinti e di cui una contigua all’area naturale protetta ‘Elmo-Melonia’ – spiegano i carabinieri forestali in una nota -, sono stati individuati due siti illeciti di foraggiamento per tale specie».
Sui rami di alcuni alberi presenti all’interno dei due settori di caccia assegnati alle due squadre erano appesi, tramite una corda, «due bidoni grigi contenenti semi di mais, dotati di congegni elettromeccanici che rilasciano automaticamente, ad orari prestabiliti, il foraggio, per attirare e far stazionare e prolificare i cinghiali all’interno dei settori loro assegnati dai vari Ambiti Territoriali di Caccia (ATC)».
«Tale foraggiamento illecito ha portato ad attirare, nelle aree in questione, numerosi capi di selvatici, come accertato dalle molteplici tracce sul terreno. L’attività investigativa – proseguono i carabinieri – ha permesso di individuare sette soggetti che, in giornate e orari differenti, controllavano il funzionamento elettromeccanico e la quantità di foraggiamento presente nel bidone, provvedendo anche allo spargimento di mais nei pressi del foraggiatore, alla sostituzione della batteria e alla ricarica del bidone con il mais». I dispositivi elettromeccanici sono stati sottoposti a sequestro penale.
«La pratica di foraggiamento della fauna selvatica – osserva la nota dell’Arma forestale – è espressamente vietata della legge 221 del 2015 e sanzionata come reato in base alla sulla caccia (legge 157 del 1992). Oltre che costituire attività illecita, il foraggiamento della specie cinghiale è dannoso per i seguenti motivi: l’’abbondanza di cibo favorisce la fertilità delle fattrici e il prolificare di una specie ritenuta dannosa per il settore dell’agricoltura e che può costituire pericolo per la salute e l’incolumità pubblica. Può determinare un’alterazione dei comportamenti degli animali, rendendoli dipendenti dall’uomo e superando quindi la naturale diffidenza verso quest’ultimo, generando conseguenze negative tra cui l’avvicinamento ai centri abitati con aumento di probabilità di incidenti stradali, l’aumento del numero di aggressioni verso le persone sia nei centri abitati che nelle zone agro-silvo-pastorali nonché l’alterazione dell’equilibrio ecologico sulla biodiversità. In questo periodo di peste suina africana, favorire lo stazionamento degli animali in un posto e farli prolificare può essere ulteriormente pericoloso per il diffondersi dell’eventuale malattia».