Drusilla ‘tra panza e cervello’: va dritta al cuore

La recensione di Alessandro De Maria dello spettacolo ‘Eleganzissima’ che si è tenuto il 30 luglio all’anfiteatro romano di Terni

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di Alessandro De Maria

Il caldo impazza, la noia anche e decido di andare a teatro. Cerco ‘eventi culturali Terni’ su Google e una lista appare sullo schermo, decido di dividerli per tipo: musica, comici, sagre e Drusilla Foer (l’ultima fa categoria a sé perché non la conosco, Sanremo non lo guardo). Mi sento dubbioso: manca qualcosa!

Cerco la definizione di cultura su Internet: ‘quanto concorre alla formazione dell’individuo sul piano intellettuale e morale e all’acquisizione della consapevolezza del ruolo che gli compete nella società’. Controllo le categorie che ho fatto: ci sono cibo, musica, risate e… Drusilla Foer. Almeno tre su quattro delle categorie che ho trovato, parlano a quella che viene definita ‘la pancia’ dell’individuo, quelli che sono gli impulsi e le passioni. Il cervello non se lo caga nessuno!

Poveraccio, plasmato da millenni di evoluzione se ne sta relegato nella sua bella scatola cranica imbottita dalla barriera emato-encefalica come in una piccola stanza manicomiale. Dopotutto lui da solo consuma il 20% dell’energia del corpo e siamo nell’era dell’ecosostenibilità: bisogna tagliare le emissioni!

Capisco che le sagre siano un buon introito per chi le organizza, che l’economia va fatta girare e anche che Johnny Depp che suona la chitarra è figo, ma mi sarei aspettato di trovare qualche evento che stimolasse un po’ anche la mente. Invece qui si stimola solo la digestione! Ripenso al povero cervello appesantito e intorpidito da una pancia che è sempre a pieno carico, dò un’ultima scorsa alle categorie che ho stilato e decido di provare ciò che non conosco: domani prenoto un biglietto per Drusilla Foer. Spero che dica qualcosa di intelligente, che stimoli la riflessione, ma in fondo al cuore ho l’incalzante terrore che mi offra un panino con la porchetta.

Arriva il giorno dello spettacolo e subito si capisce che in città è arrivata una star: la fila è impressionante! Gira tutto intorno all’anfiteatro, esce dal cancello della passeggiata e arriva fin dopo il liceo artistico. Nel trovare il loro posto nella fila alcuni, me incluso, esclamano: ‘ma che davero?’

Finalmente entro e mi accomodo a sedere tra i profumi dei deodoranti, non sto così vicino ad altre persone dal pre-Covid, mi ero scordato come fosse essere stipato in mezzo ad altri esseri umani. Vicino a me una signora dalla statura minuta chiede al ragazzo che le siede davanti di fare a cambio di posto con la ragazza che gli è accanto, presumibilmente è la sua ragazza. Gli va male: la ragazza è ancora più alta. Tanta stima per la coppia. Dopo poco si attivano le macchine del fumo si spengono le luci e inizia lo spettacolo.

Quello che colpisce da subito è l’immediata attenzione a creare un rapporto con il pubblico. Pochi ce la fanno ma Drusilla riesce a creare quasi istantaneamente un’atmosfera di confidenza con chi la sta a sentire, una cosa difficilissima. Lo fa utilizzando magistralmente il processo di identificazione creando rappresentazioni di vissuti comuni a tutti gli esseri umani. I sentimenti di abbandono, solitudine e disperazione vengono poeticamente utilizzati per creare quel terreno comune necessario al processo ma la cosa che mi colpisce di più è un’altra: le dosi.

Tutto è perfettamente bilanciato. Lo spettacolo si articola in un continuo oscillare tra immagini di vissuti che toccano il centro dell’esperienza umana e catartiche risate. Abbandono e poi risate. Solitudine e poi risate. Disperazione e poi risate. Nulla è troppo calcato, tutto è leggero ed elegante come suggerisce il titolo. Il tutto arricchito da ottime performance musicali che accompagnano questa serpentina di esperienze umane.

Drusilla è il pezzo centrale di questo ingranaggio. Tramite l’autoironia e la sua eccentricità riesce a non essere mai pesante e a toccare con grazia argomenti profondi. Come un quadro è distinto dal pittore Drusilla è una creazione che si pone a metà strada tra l’artista e il pubblico svolgendo la sua funzione perfettamente. Ne sono testimonianza gli spontanei incitamenti del pubblico, gli applausi e i commenti che qualcuno le lancia: quando fa l’intransigente dal pubblico qualcuno le grida ‘marescialla!’, lei ci fa due battute su e continua.

La quarta parete è stata infranta da ambo i lati, davvero una cosa bella da vedere. Capisco anche il perché del distacco mediatico tra interprete e personaggio: Drusilla ha bisogno del suo spazio per vivere a trecentosessanta gradi. Mescolare le due figure sarebbe come svelare il trucco dietro a un numero di magia. Mi viene in mente Wilson: il pallone da pallavolo che fa compagnia a Tom Hanks in ‘Cast Away’. Una creazione dell’animo umano che vive a mezza strada tra l’illusione e la realtà e che ci tiene ‘in relazione’, elemento senza il quale moriremmo. Riassumendo: davvero uno spettacolo da vedere! Non è un panino alla porchetta, non è il festival della mente di Sarzana ma si colloca alla giusta distanza tra cervello e pancia; più o meno all’altezza del cuore.

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