La questione degli alti costi dell’energia continua ad allarmare Acciai Speciali Terni, la cui competitività «è messa duramente alla prova in questa fase»: lo hanno ribadito lunedì l’amministratore delegato dell’acciaieria, Dimitri Menecali, e il direttore del personale, Giovanni Scordo, incontrando le segreterie territoriali di Fim, Fiom, Uilm, Fismic e Ugl. Una preoccupazione a cui si aggiunge – per i sindacati – quella per l’ulteriore acquisto di bramme da produttori asiatici da parte di Ast e per lo stallo prolungato nella firma dell’accordo di programma.
Prezzi eccessivi
«La direzione aziendale – commentano le segreterie dei sindacati – ci ha confermato la distorsione della concorrenza causata dalle grandi differenze di prezzo dell’energia elettrica fra i vari paesi europei. Il costo dell’energia in Italia medio è di 95 euro Mwh mentre la Germania paga 32 euro Mwh, la Francia 24 euro Mwh, la Spagna 53 Mwh, questo sta gravemente penalizzando la competitività di Arvedi Ast così come delle aziende energivore italiane». L’azienda, come accennato, ha anche comunicato di aver nuovamente acquistato bramme da produttori asiatici in quanto hanno un costo pari a quello della materia prima. «Come organizzazioni sindacali – continuano le segreterie sindacali – abbiamo ribadito che l’acquisto delle bramme non deve essere solo un mero risparmio economico, ma debba essere funzionale dopo la saturazione delle capacità produttive attuali o futuri nuovi assetti».
Accordo fantasma
Infine i timori per l’accordo di programma. «Riteniamo – scrivono Fim, Fiom, Uilm, Fismic e Ugl – che questo interminabile stallo può rappresentare un rischio per l’investimento record per la siderurgia italiana e per quello che rappresenta nella fase di rilancio delle storiche acciaierie ternane. Purtroppo, la storia si ripete con una difficoltà strutturale generata negli anni e oggi ancora più evidente per quanto riguarda il costo dell’energia che di fatto sta erodendo risorse importanti, che potrebbero essere rinvestite sul territorio e sulla fabbrica. È necessaria una soluzione strutturale a questa profonda distorsione del mercato che mette a rischio il futuro di Arvedi Ast». Per questo vengono richiamati alla «responsabilità tutti gli attori politici, istituzionali e le rappresentanze sociali affinché si ponga al primo punto dell’agenda l’individuazione di una risoluzione definitiva che eviti ricadute negative sullo sviluppo e sull’occupazione. Confidiamo – concludono i sindacati di categoria – anche con l’azienda che l’orizzonte dell’accordo di programma e piano industriale possa chiudersi in tempi certi e rapidi con una modalità che vede sempre di più un maggior coinvolgimento delle organizzazioni sindacali».