Fuori dalla white list per interdittiva: ok del consiglio di Stato

La suprema orte ribalta la sentenza del Tar, che invece aveva dato ragione all’azienda in odore di ‘ndrangheta

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È fondato il rischio di ingerenza mafiosa nei confronti di una società, con sede a Perugia ma titolari calabresi, operante nel settore dell’edilizia, a carico della quale la Prefettura, nel 2019, ha emesso un’informazione antimafia a carattere interdittivo, contestualmente ad un provvedimento di rigetto dell’istanza di iscrizione nell’elenco dei fornitori, dei prestatori di servizi e degli esecutori di lavori non soggetti a tentativi di infiltrazione mafiosa (la cosiddetta ‘White List’).

La sentenza

Lo ha deciso il consiglio di Stato, ribaltando precedente sentenza del Tar Umbria (che aveva accolto il ricorso della società) e dichiarando la piena legittimità dei provvedimenti adottati dalla Prefettura di Perugia, che precludono all’azienda operatore economico l’instaurazione di rapporti con la pubblica amministrazione. Tali atti erano stati emessi all’esito di una complessa ed articolata istruttoria condotta dal gruppo provinciale interforze, che ha evidenziato l’esistenza del pericolo di tentativi di infiltrazione mafiosa da parte di sodalizi criminali di stampo ‘ndranghetistico, in relazione ad alcuni componenti la compagine societaria e a dipendenti dell’impresa.

Contatti diretti con la ‘ndrangheta

Per i giudici della suprema corte, almeno fino al 2017, c’erano contatti tra la società e un soggetto considerato organico, ed anzi referente, ad una cosca di ‘ndrangheta della provincia di Crotone. L’interdittiva aveva tratto fondamento da «plurimi elementi raccolti dalle forze di polizia di Perugia e dalla Dia, che avrebbero permesso di dedurre una contiguità della società ad ambienti legati alla criminalità organizzata». In particolare, sono emersi contatti tra il legale rappresentante della società, “legato a una cosca di ‘ndrangheta del crotonese, con l’ingerenza di un altro soggetto, anche questo legato alla ‘ndrangheta, che si sarebbe concretizzata nell’evitare nel 2011 il licenziamento di due dipendenti risultati appartenere alla criminalità crotonese”. Non solo: “Molteplici da”, è scritto ancora nella sentenza.

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