Gettoni di presenza e croci da portare a casa

Terni, in consiglio comunale c’è un’alternativa alla contrazione della “paga”: va aumentata la produzione – Il corsivo di Walter Patalocco

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di Walter Patalocco

Rieccolo.

Quante sedute del consiglio comunale sono state dedicate all’argomento? A palmi, almeno una decina. Così, giacché si discute di costi della politica, si sono spesi quasi ventottomila euro ed ancora non è cambiato niente.

Il calcolo è facile: il gettone di presenza di un consigliere comunale è di 91,12 euro (lordi) quindi se sono tutti presenti, il totale è circa 2.800 euro a seduta. Sfilare il cartellino elettronico dall’aggeggio che misura il tempo di presenza di ciascun consigliere quando questi si alza per scambiare una parola con qualcuno o per andare a fare pipì è un atto risibile e ridicolo. Eppure è successo.

Tutto fa, diceva quello che era andato al mare con la suocera, ma per recuperare quei ventottomila euro bisognerebbe organizzare delle grandi sbevazzate di acqua minerale, cosa impossibile perché – si sa – il Comune di Terni non ha in cassa soldi sufficienti per concedersi certi lussi.

Il tutto per dire: quando si parla di sprechi della politica è questo quel che s’intende? Casomai, se proprio vogliamo fermarci alle assemblee elettive e lasciar da parte i soldi spesi male per vari motivi, gli sprechi paiono essere quelli legati a finanziamenti pubblici a partiti e partitini, gruppi e minigruppi. Le cifre, in questi casi, come noto, non si conteggiano in decimali di euro tanto che – anche questo è successo come ben si sa – qualcuno ha dovuto lambiccarsi il cervello su come spendere e alla fine ha “dovuto” comprare di tutto: dalla biancheria intima, ma ideologicamente corretta se si pensa alle centinaia di mutande “leghiste”, fino a “passatempo”, per non parlare di cene, sbevazzate (vere, non ad acqua minerale) e via dicendo.

Gli sprechi sono inconcepibili. Per il resto, per diminuire il costo unitario c’è un’alternativa alla contrazione della “paga”: va aumentata la produzione. Ecco quel che ci vorrebbe: che le riunioni fossero serie, che non si perdesse tempo in ridicolaggini, o in atti clamorosi finalizzati ad accontentare la pancia dei cittadini non la loro intelligenza.

Qualcuno che alla pancia dà poco retta, fa notare, ad esempio, che il consiglio comunale, a Terni, è rimasto l’unica assemblea elettiva: 31 delegati per più di centodiecimila abitanti, uno ogni tremilaseicento abitanti circa. Vabbé che la rappresentanza è in crisi e c’è chi ritiene che ormai vada buttata nel cassonetto dei rifiuti “residuali”, ma per tanti è rimasta quell’aula di Palazzo Spada l’unica sede nella quale far sentire la propria voce e rappresentare i propri problemi ed esigenze.

Chi non conosce la storiella di quando tutti andarono in piazza portandosi ognuno la propria “croce”? E’ una storia che la dice lunga sull’operatività delle assemblee plenarie, perché alla fine tutti se la riportarono a casa quella “croce”.

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