Guardie mediche e indennità covid: «Noi esclusi»

Umbria, la lettera aperta: «Il nostro rischio è stato meno rilevante rispetto a quello corso dal personale amministrativo che lavorava protetto all’interno di un ufficio o della propria abitazione grazie allo smart working»

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Riceviamo e pubblichiamo

Siamo medici della continuità assistenziale, meglio noti come guardia medica. Siamo umbri e lavoriamo per l’Azienda sanitaria locale Umbria 2. Ovviamente non ci facciamo portabandiera dell’intera categoria, sarebbe impensabile scrivere e ragionare come se fossimo un unico sistema nervoso. Tuttavia l’emergenza covid-19 ha mostrato, nel modo forse più orrendo, tutte le criticità del nostro contratto ovvero le vulnerabilità della nostra professione.

La goccia che ha fatto traboccare il vaso. Tutti gli operatori sanitari dipendenti delle due Aziende sanitarie regionali nonché i dipendenti dell’amministrazione sanitaria stanno ricevendo in busta paga un’indennità ‘covid-19’ relativa ai turni di lavoro svolti durante l’emergenza pandemica. Tra i beneficiari, tra gli altri, non figurano i medici di continuità assistenziale, i medici di 118 con rapporto di convenzione e i medici di medicina generale. Probabilmente, ci verrebbe da pensare, il nostro rischio è stato meno rilevante rispetto a quello corso dal personale amministrativo che lavorava protetto all’interno di un ufficio o della propria abitazione grazie allo smart working.

In quei giorni abbiamo cercato di rimanere in prima linea nonostante la scarsissima disponibilità di presidi di protezione individuale (mascherine chirurgiche e ffp2 in primis). E cogliamo oggi l’occasione per ringraziare tutti quei cittadini o quelle aziende private che ci hanno donato strumenti fondamentali per la protezione nostra e dei nostri pazienti. Allo stesso modo ringraziamo quelle farmacie che hanno reso disponibili le mascherine ffp2 vendendole al prezzo ‘di fabbrica’. Esatto.

Noi della continuità assistenziale le mascherine ce le siamo dovute comprare, per fortuna ad un prezzo vantaggioso (6,50 euro l’una). E oggi, con aria amaramente divertita, ci viene implicitamente detto dalle nostre buste paga che quelle erano giornate di lavoro ordinario. Probabilmente è vero. Anzi è così. Perché noi medici non distinguiamo le malattie in usuali e inusuali. E non chiediamo più soldi se la malattia è sconosciuta e viene da lontano, magari chiediamo solo più protezione per non diventare noi stessi vettori di infezione. Per l’indennità covid-19 pazienza. Certo è che i premi si attribuiscono in base al merito, non in base a cavilli di contratto (rapporto dipendente o non).

E terminiamo la lettera spendendo proprio due parole sul nostro contratto. Già perché questo dovrebbe rappresentare il principale dispositivo di protezione individuale per una professione sanitaria e non. Analizzandolo nel 2020 si potrebbe pensare ad una strana aberrazione giuridica. Difficile articolare  un discorso sistematico in merito. Fiscalmente dipendenti ma con i diritti di una partita Iva. Non abbiamo ferie. Nessuna tredicesima. Niente trattamento di fine rapporto (Tfr). Rc professionale e assicurazione infortuni a nostro carico. In caso di malattia i primi trenta giorni sono a carico delle società assicuratrici.

Le lungaggini burocratiche per ottenere una retribuzione in corso di malattia ci portano spesso a cedere il turno di lavoro (e non guadagnare) o a lavorare ugualmente nonostante le condizioni fisiche. Tale situazione è per buona parte condivisa con i medici del 118 convenzionati e con i medici di medicina generale con i quali, lavorando gomito a gomito, formiamo la così detta medicina territoriale. Concludiamo la lettera ringraziando Lei che ha deciso di dare spazio a queste riflessioni, la nostra utenza eccezionale durante i giorni neri della pandemia e tutti coloro che ci hanno dato una mano concreta nei momenti più difficili.

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