Incidente in trattore: addio al fondatore del primo agriturismo dell’Umbria

Spoleto – Felice Bartoli aveva 77 anni ed era conosciuto da tanti. La tragedia è avvenuta mercoledì mattina a Patrico

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Tragico incidente nella prima mattinata di mercoledì, poco dopo le ore 8, nella zona di Patrico (Spoleto). Un trattore a bordo del quale stava lavorando il 77enne Felice Bartoli, capostipite e fondatore dell’omonimo agriturismo, si è ribaltato finendo in una scarpata. Bartoli ha purtroppo perso la vita sul colpo e per recuperare la salma è servito l’intervento dei vigili del fuoco di Spoleto e del Soccorso alpino e speleologico dell’Umbria. Sul posto sono intervenuti anche i sanitari del 118 che non hanno potuto fare altro che constatare il decesso dell’imprenditore. Indagini sono in corso da parte dei carabinieri della Compagnia di Spoleto per ricostruire l’accaduto.

Felice Bartoli

Il primo in Umbria

Quello fondato da Felice Bartoli nel 1988, è stato il primo agriturismo dell’Umbria. Un’attività storica, capace di crescere con il passare degli tempo, sotto la guida sapiente di un personaggio lungimirante e al tempo stesso genuino come Felice. La sua scomparsa ha colpito davvero tanti, non solo a Spoleto. La struttura di Patrico, oltre ad essere infatti un punto di riferimento per gli amanti della natura, del relax, della buona cucina umbra, negli anni ha saputo ritagliarsi spazi e visibilità ben oltre i confini regionali. Basti pensare a quando l’agriturismo Bartoli ospitò Richard Gere e Cindy Crawford – erano gli anni ’90 – ed alle tante presenze sui media nazionali: segno di un’attività che, pur colpita dal grave lutto, può certamente contare su basi e radici solide, nel solco della passione che Felice ha sempre messo nel proprio lavoro.

Il cordoglio

Cordoglio da parte dell’amministrazione comunale di Spoleto: «È con profondo dolore – le parole del sindaco Andrea Sisti – che ho accolto stamattina la notizia della morte di Felice Bartoli, persona a cui mi legava un rapporto ventennale fatto di amicizia e di affetto, di lealtà e sincero e genuino rispetto. Come agronomo ho lavorato al suo fianco negli ultimi 25 anni, conoscendone l’umanità, la schiettezza, l’amore per la sua famiglia e per la sua terra. Felicino, come tutti lo abbiamo sempre chiamato, era un uomo capace di recuperare dagli anfratti della memoria storie solo apparentemente appartenute a tempi lontani, dense di significato, illuminanti per la forza valoriale che erano in grado di trasmettere ogni volta che le si ascoltava. È stato un innovatore, un lavoratore lungimirante, custode di una cultura e di un sapere mai saccente perché sempre disponibile e aperto ad accogliere il prossimo, a farlo entrare – conclude – nella sua dimensione di vita così forte e vera».


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